Il mistero intorno al titolo di Tim ormai è sempre più fitto. Anche ieri è arrivata una notizia di per sé positiva come la vendita da parte dell'ex monopolista della quota residua nella società delle antenne Inwit per 250 milioni di euro, eppure dopo un iniziale entusiasmo la solita corrente di vendite - sulla quale la Consob dovrebbe indagare più a fondo - ha finito per schiacciare il titolo (ieri ha chiuso a -1,4% a 0,217 euro). Ormai la sensazione di un'eterodirezione del corso azionario è sempre più forte, altrimenti non sarebbe spiegabile vedere un titolo sotto del 21% rispetto a un anno fa, quando ancora le cessione della rete era in bilico e il debito in crescita. Il tutto in un contesto di tassi alti che non avevano ancora raggiunto il picco massimo in virtù di un'inflazione non ancora sotto controllo.
Oggi la società guidata dal ceo Pietro Labriola si sta muovendo rispettando i target, ha incassato promozioni nel merito di credito da tutte le principali agenzie di rating americane e ha davanti a sé la prospettiva di incassare fino a 2,5 miliardi di earn-out per l'integrazione tra Open Fiber e Fibercop (la società in cui è confluità la rete) oltre alla probabilissima restituzione di un miliardo per il canone concessorio versato allo Stato nel 1998 e all'imminente cessione di Sparkle alla coppia Tesoro-Asterion che dovrebbe portare in cassa altri 800 milioni. Ulteriori risorse in arrivo, quindi, con un debito già di per sé in discesa a 7,5 miliardi a fine 2024 e la sempre più probabile distribuzione di un dividendo a partire dal 2025. Eppure è come se non fosse successo nulla rispetto a un anno fa, malgrado oggi i fondamentali dell'azienda siano completamente diversi. E allora l'idea di hedge fund in manovra, più volte ribadita da il Giornale, sembra essere l'unica possibile risposta a movimenti del mercato non spiegabili. E che ci sia qualcosa che non va lo aveva notato mesi fa anche il Financial Times, quando scriveva di un miliardo di euro di titoli di Tim prestati verosimilmente per le vendite allo scoperto alla base dell'andamento a yo-yo che spesso contraddistingue il grafico di Borsa.
Tornando, però, ai dettagli dell'operazione di ieri, Impulse I (un consorzio guidato dal fondo Ardian) e Daphne 3 hanno raggiunto un accordo per la cessione della quota residua del 10% detenuta da Tim nel capitale sociale della holding Daphne 3, che detiene il 29,9% del capitale sociale di Inwit. Secondo quanto si legge in una nota, l'accordo si basa su una valutazione delle azioni Inwit pari a 10,43 euro (quindi più alto della chiusura di lunedì a 10,32) e comporta per Tim un incasso, aggiuntivo rispetto alla guidance 2024, di circa 250 milioni, tenendo conto dell'indebitamento netto esistente a livello di Daphne 3. La chiusura dell'operazione dovrebbe arrivare nel quarto trimestre del 2024.
Gli analisti di Intermonte, per ora, non vedono all'orizzonte un delisting di Inwit. Tim, invece, dopo essere uscita dal capitale rimarrà vincolata alla società di infrastrutture da un contratto di durata 8+8 anni, a fronte di un corrispettivo annuo di oltre 400 milioni.
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