«L'impegno nei due mandati precedenti è stato massimo: da 10 come voto, insieme a tutto il team di Unrae. L'automotive fa ormai parte dell'agenda politica». Michele Crisci, 57 anni, presidente e ad di Volvo Italia, per la terza volta eletto presidente di Unrae, l'associazione dei costruttori esteri in Italia, ha tra le tante priorità del suo programma quella di unire sempre di più le associazioni del comparto. «Sì - rimarca - per procedere uniti, come una federazione capace di coprire gli interessi di tutti. Stellantis? Unrae ha contatti costanti con i vertici italiani. Tanti i temi in comune».
Presidente, nuovo mandato e ancora tante complessità.
«Dalla pandemia, alla scarsità di materie prime e chip, quindi la guerra in Ucraina e il caro energia: gli impatti sul settore sono evidenti. Unrae ha lavorato con coraggio. La mia conferma va nel segno della continuità».
Europa e nodo della produzione di energia.
«Bisogna stare molto attenti nel coniugare l'autonomia energetica con le necessità economiche. Quando si fa riferimento solo ai prezzi dell'energia e ai rifornimenti da Paesi instabili, si corrono molti rischi. È necessario procedere verso un'autonomia con soluzioni sostenibili, ma anche dai punti di vista sociale, economico e politico. Ciò che non è stato fatto».
L'impatto sull'automotive?
«Ci sarà chi sceglierà di accelerare, puntando su rinnovabili, elettrificazione e, con i suoi tempi, l'idrogeno. E chi rifletterà di più su carburanti sintetici o soluzioni diverse. Quando si dice che occorre arrivare alle zero emissioni, ritengo non si possa imporre una strada unica, ma quella della neutralità tecnologica: raggiungere l'obiettivo con tutto quello che è disponibile. Quindi, indicazioni, ma non obblighi».
Il piano Ue «Fit for 55» con l'addio previsto alla produzione dei motori endotermici dal 2035?
«A Bruxelles c'è discussione. In particolare, sulla misurazione delle emissioni di CO2 non più solo allo scarico, ma su tutto il ciclo di vita del veicolo. Tutti sono ora chiamati a fare sforzi in tale direzione, anche nella produzione delle materie prime. E se le parti in causa avessero investito come ha fatto il nostro settore, la situazione sarebbe diversa. È chiaro che una scadenza sul tema CO2 ci dovrà essere, da vedere se nel 2035 o più avanti. Importante è la chiarezza sugli obiettivi nel rispetto degli equilibri occupazionali e lasciando in disparte l'ideologia. Le aziende, inoltre, devono essere messe nelle condizioni di mantenere i propri piani strategici, costati investimenti miliardari».
A proposito, incentivi varati da quasi un mese, ma manca ancora l'ok della Corte dei Conti.
«Anche il dato sulle vendite di aprile sarà pesante. L'ok dovrebbe comunque arrivare entro la seconda settimana di maggio, ma spero prima. Chiediamo anche l'allungamento dei tempi di validità degli incentivi da 180 a 360 giorni, vista la situazione. La guerra, tra l'altro, ha bloccato i trasporti delle auto dall'Oriente. Inoltre, dare incentivi troppo tagliati sul produttore nazionale rappresenta un errore strategico, premiando solo la domanda nel breve».
Flotte aziendali a bocca asciutta.
«Il Dpcm ha voluto andare incontro solo ai privati, senza considerare il ruolo centrale del noleggio nella transizione green con l'acquisto di tante auto elettriche e la successiva proposta al mercato di veicoli di ultima generazione dopo appena 3 anni e a prezzi molto ridotti. E qui c'è il contributo concreto al rinnovamento del parco auto circolante».
Il nodo detraibilità Iva.
«In Italia resta al 40%. La proposta è uno scaglionamento: 100% per le emissioni di CO2 da 0 a 20 g/km e 80% per quelle da 21 a 60 grammi. Sarebbe un'opportunità. Nel Nord Europa il boom delle auto green deriva proprio dai tagli apportati all'Iva».
I consumatori e la svolta elettrica.
«C'è curiosità.
Ma occorre la capillarità delle colonnine ed è importante azzerare le perdite di tempo per cercare i punti di ricarica sulle app: non tutti hanno dimestichezza. Ora chi viaggia sa che pochi chilometri dopo può trovare la stazione di servizio per il carburante».
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