Perché i social network sono in fase discendente

Non si può dire che siano in crisi ma stanno cedendo sotto il peso di loro stessi. I social network piacciono meno, soprattutto ai giovani

(Immagine: pixabay.com/geralt)
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Sta iniziando l’era antisociale dei social media. Lo sostiene un articolo apparso sulla Harvard Business Review che identifica la crisi dei social nella ricerca di luoghi virtuali più intimi nei quali accasarsi. Una necessità che sperimentano soprattutto i giovani i quali, peraltro, hanno dato il via negli ultimi 5 a una migrazione di massa dalle reti sociali più diffuse verso quelle di nicchia.

All’inizio i più giovani hanno sondato nuovi social per sfuggire ai controlli dei genitori i quali, anche se in modo discreto, hanno cominciato a seguire le gesta dei figli su Facebook, Twitter e poi Instagram. Ora la sperimentazione prosegue, i giovani cercano altre piattaforme soprattutto per instaurare rapporti più stretti con chi condivide i loro stessi interessi.

La crisi dei social network

Usare il termine crisi rischia di essere fuorviante ma non c’è termine altrettanto valido che indichi la situazione attuale, fatta di malcontenti, di fuggi fuggi e di utenti sempre più ridotti al ruolo di spettatori e non più di protagonisti attivi.

Facebook e Twitter sono al centro di una fase di implosione che non ne decreterà il decesso ma, quasi certamente, porterà a profonde rivisitazioni delle rispettive raison d'être. Facebook è ancora una gallina dalle uova d’oro, anche se cresce molto meno rispetto al passato, perde utenti e non riesce più ad attrarre i giovani. Twitter, in questo particolare momento, non è neppure qualificabile: da quando è passata sotto il controllo di Elon Musk, la piattaforma di microblogging non ha più una propria fisionomia, tant’è che gli inserzionisti restano alla finestra in virtù dell’attendismo e, nonostante i proclami di Musk, la base utenti mostra segnali di malcontento.

Continua, poi, la Twitter-saga. Questa volta Elon Musk ha chiesto agli utenti Twitter, in un sondaggio che scadrà lunedì 19 dicembre, se deve dimettersi o meno dal suo ruolo di Ceo (la proprietà resterebbe in mano a Musk), promemettendo di attenersi al risultato.

TikTok e gli altri

TikTok cresce a dismisura ed è un indizio della voglia di cambiamento: gli utenti che pubblicano contenuti sono molti meno di quelli che si limitano a usufruirne, uso passivo appreso su Facebook e Twitter laddove, secondo gli utenti, pubblicare qualcosa equivale a renderla visibile a un numero incontrollabile di persone mentre, scegliendo ambiti più “intimi” si riesce a salvaguardare la propria privacy. Emergono così i canali WhatsApp o Telegram ma anche la piattaforma Discord, progettata per mettere in comunicazione comunità di videogiocatori e che, quindi, tende a raggruppare le persone in base ai rispettivi interessi. Tutto ciò al riparo da occhi indiscreti, lontano dall’hate speech, da linguaggio bullizzante e volgare.

Ai giganti delle reti sociali il compito di risollevarsi, puntando ai contenuti di qualità e alla riduzione dei moti di odio e

volgarità. Ci sbilanciamo molto ma, la frase “Facebook è gratis e lo sarà per sempre”, potrebbe essere messa in discussione, magari senza fare gli stessi errori che sta facendo Twitter con le spunte multicolore.

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