Lupi solitari, terroristi fai da te, ma non solo. Tamerlan Tsarnaev, il maggiore dei due fratelli ceceni che hanno insanguinato la maratona di Boston stava abbracciando l'Islam radicale da anni. La madre dei due terroristi, Zubeidat K. Tsarnaeva, ha ammesso: «Tamerlan si è avvicinato alla politica religiosa cinque anni fa, ma non mi ha mai parlato di voler fare la guerra santa». Per il giovane ceceno trapiantato dal 2002 negli Stati Uniti il sogno americano di soldi e successo si è ben presto infranto con la realtà. Tamerlan comincia a pregare cinque volte al giorno rivolto alla Mecca, non fuma e non beve nel rispetto dei precetti del Corano, ma vive ancora a lungo a metà del guado attratto dal luccichio del mondo occidentale. Plagia il fratello Dzhokhar, che si informa con un docente «sulla Cecenia, sui combattimenti ed i comandanti in prima linea».
Nel frattempo Tamerlan scova su Internet i sermoni infuocati di Feiz Mohammed, un predicatore estremista che solo negli ultimi tempi sembra essersi moderato. Libanese di nascita, ha studiato teologia in Arabia Saudita, ma vive a Sidney dove guida un sedicente centro della gioventù islamica. In rete propaganda i suoi video sermoni contro gli infedeli, le donne, gli ebrei paragonati a maiali e inneggia al reclutamento di giovani martiri per la guerra santa. Tamerlan non scarica solo i sermoni, ma pure i video della guerra santa come «Le bandiere nere del Khorasan». Fra cavalieri islamici, esplosioni e Allah o akbar («Dio è grande») il filmato inneggia alla sconfitta degli infedeli nel mitico regno di Khorasan fra Pakistan, Afghanistan, Iran e Asia centrale, dove la famiglia cecena di Tamerlan era stata deportata da Stalin.
Nel 2011 l'Fbi lo interroga dopo una segnalazione ricevuta da un intelligence straniera. Si pensava all'Fsb russo, ma ieri Mosca ha smentito. Probabilmente si tratta degli australiani che monitoravano chi scaricava dalla rete, come Tamerlan, i sermoni del predicatore estremista di Sidney. Oppure i sauditi, che guarda caso hanno inviato a Washington, il 17 aprile, due giorni dopo l'attentato di Boston, il ministro degli Esteri, principe Saudi al Faisal, per assicurare la Casa Bianca che loro non c'entrano.
Tamerlan continua a fare il camaleonte nel mondo occidentale, ma la giovane moglie americana comincia a portare il velo. Solo con un compagno di studi si lascia andare durante un discussione in pizzeria. Giura di non avercela con il popolo americano, ma con il governo che usa la Bibbia «come scusa per invadere altri paesi». Al salto verso il terrorismo manca il contatto con la guerra santa sul terreno. Il 12 gennaio 2012 prende un volo, con il suo passaporto americano, da New York a Mosca. Poi prosegue verso il Daghestan, dove vive il padre. Il genitore ieri sosteneva che i suoi figli «sono stati incastrati». Invece lo zio, che vive negli Stati Uniti, è convinto che «qualcuno li abbia influenzati».
Tamerlan passa sei mesi nel Caucaso dove i fondamentalisti ceceni, finanziati dai wahabiti come il predicatore di Sidney, combattono ancora sognando il Califfato. Anche Mohammed Merah, il «lupo solitario» di Tolosa, si era recato nelle aree tribali pachistane, infestate da cellule che si ispirano ad al Qaida, prima di trasformarsi in un terrorista. Tamerlan torna negli Usa il 17 luglio 2012 e pochi mesi dopo prepara la strage della maratona assieme al fratello.
I rudimentali ordigni esplosivi con le pentole a pressione sembrano copiati dalle istruzioni di «Inspire», la rivista on line di Al Qaida, che ti insegna come confezionare una bomba in casa. Più o meno lo stesso sistema usato da Mohamed Game, il terrorista libico fai da te che sconta una pena di 14 anni per un fallito attentato ad una caserma di Milano nel 2009.www.faustobiloslavo.eu
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