A decidere la caduta di Bashar al Assad non potranno essere che le urne. Fino a che il popolo non si esprimerà contro di lui, il presidente della Siria rimarrà al suo posto, nonostante la guerra civile che dilania il suo paese.
Il messaggio è chiarissimo. Lo lancia lo stesso Assad, che per il secondo giorno torna a parlare con i giornalisti di Russia Today. E oggi ribadisce la sua determinazione a rimanere al suo posto, anche a costo di un conflitto ancora lungo con i ribelli. E a non cedere al premier turco Erdogan, che si crede "un nuovo sultano che può controllare la regione come durante l’impero ottomano. In cuor suo si ritiene un califfo".
Dalla poltrona di presidente, Assad non si muove. Ma a lasciare la Siria sono in molti, compresi due generali e dozzine di ufficiali e soldati, 71 in totale, che oggi - secondo fonti di Ankara, riportate da Cnn Turk - avrebbero varcato il confine con la Turchia, dando seguito a una serie di defezioni iniziate già mesi fa, che ha portato all'estero molti, tra diplomatici, alti gradi militari e membri del gabinetto presidenziale.
Due generali, 11 colonnelli, 2 tenenti colonnelli, 2 maggiori, 4 capitani, 5 tenenti. Più i famigliari. Tutti trasportati ad Apaydin, dove si trova un campo profughi destinato soprattutto ai militari che defezionano dal paese. 71 persone che si aggiungono ai profughi già in Turchia, ad oggi quasi 120mila, di cui ottomila fuggiti tra ieri e oggi. Dall'inizio delle crisi - secondo dati forniti dall'UNHCR - sarebbero 408mila i rifugiati scappati dalla Siria.
All'esodo dei soldati si aggiungono combattimenti che, a macchia di leopardo, interessano tutto il paese. Per il secondo giorno si combatte anche a Ras al-Ayn, vicino al confine turco. L'esplodere del conflitto ha già portato il governo di Ankara a chiudere le scuole della vicina città di Ceylanpinar, minacciate dal dilagare della lotta tra lealisti e ribelli. Ieri alcune scheggie di granata avevano raggiunto l'ospedale locale.
Non è soltanto la Turchia a subire le conseguenza del conflitto interno alla Siria.
Israele, attraverso le parole del suo vicepremier, Moshe Yaalon, oggi ha ammonito Damasco, dopo che in più occasioni proiettili, granate, ma anche mezzi dell'esercito di Assad avevano violato la zona smilitarizzata al confine, dove si trovano le alture del Golan. Nonostante proiettili e bombe non fossero dirette a obiettivi israeliani, Yaalon ha voluto sgomberare il campo dai dubbi: "Sapremo come difendere i cittadini dello Stato di Israele e la nostra sovranità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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