Uno sciopero dovrebbe servire a far pesare sul datore di lavoro delle richieste che i lavoratori ritengano irrinunciabili, e nondimeno a sensibilizzare l’opinione pubblica circa la legittimità di queste richieste. Uno sciopero è il modo ultimativo di condizionare i datori di lavoro che altrimenti hanno sempre il coltello dalla parte del manico, perché li si colpisce in quella produttività che proprio i lavoratori permettono loro. Tutti d’accordo? Allora applicate lo schema a un medio sciopero dei trasporti pubblici.
Nell’ordine: agli amministratori gliene frega davvero qualcosa? Non molto, perché viene sospesa un’attività che non ha finalità di lucro: i bilanci sono quasi sempre in perdita. I cittadini vengono sensibilizzati, cioè gliene frega qualcosa? Solo in negativo: parte accetta gli scioperi con noto fatalismo (piove/c’è il sole/c’è sciopero) e parte si limita a odiare profondamente chi sciopera. Ancora: i cittadini, indifferenti o inferociti, hanno mediamente compreso le ragioni dello sciopero? Figurarsi: i più se ne fregano, i meno penseranno che quelli «vogliono più soldi» peraltro cogliendoci quasi sempre.
Infine: gliene frega qualcosa almeno ai politici? Sulla carta sì, perché c’è malcontento, ma nella pratica sanno che la colpa non andrà direttamente a loro. Ergo: così come sono, o com’erano, quelli dei trasporti non sono scioperi. Hanno, avevano, un altro nome.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.