I giornalisti non sono soltanto quelli che dopo sapevano tutto prima; sono anche quelli che prima non riescono mai a capire quello che succederà dopo. Accade spesso, e soprattutto quando c'è di mezzo la politica. Ed è accaduto, ovviamente, anche con il voto per le Europee.
Tra le analisi e le previsioni nelle ultime settimane di editorialisti, direttori e opinionisti da una parte, e i risultati usciti dalle urne dall'altra, c'è lo stesso scarto che passa fra i voti di Fratelli d'Italia e «altri partiti». Una trentina di punti di differenza.
Difficile dire chi ha sbagliato di più. Ma proviamoci.
Il primo segnale, e più evidente, del totale scollamento del giornalismo dalla realtà è il profondo senso di delusione e tristezza, al limite della rassegnazione, che ha colpito la maggior parte dei conduttori e dei commentatori nei talk show in diretta tv, l'altra sera, dopo gli exit poll. Alle 23 e un minuto stavano già elaborando il lutto di un Paese che loro avevano visto andare a sinistra e invece scivolava inesorabilmente a destra. Mentana aveva voce e sguardo da funerale di regime. Maurizio Molinari faticava a trovare una corrispondenza fra le difficoltà che il suo giornale ha attribuito per settimane a Giorgia Meloni e la fiducia che intanto le stavano concedendo gli elettori, grafico dopo grafico. E gli editorialisti degli Elkann sembravano incapaci di trovare una quadra fra le percentuali di Fratelli d'Italia che nei loro sondaggi calavano di un punto al giorno fino al momento del voto e quelle che crescevano di un punto all'ora dopo le prime proiezioni. Si dice «spaesamento». Ovvero: vagheggiare un Paese in cui non sono i cittadini che cambiano la politica, ma i giornalisti politici a orientare il voto dei cittadini. E anche chez Lilli Gruber, ieri sera, c'era area pesante. Fra lei e i suoi ospiti - Travaglio, Giannini e Mariolina Sattanino, i più sconfitti fra gli sconfitti - si percepivano facce tirate, sguardi bassi, nervosismo alto e molte spiegazioni a posteriori. I maestrini? Sono i veri ripetenti.
Democrazia batte propaganda 3 a 0. Anche 4, va'.
S'indeboliscono i partiti di maggioranza, sale il M5S, cala la fiducia nel governo, si rafforza l'idea di Europa... Repubblica, Stampa e Domani: ne avessero azzeccata una. Ma potrebbero persino sbagliare, oggi, i dati definitivi di ieri.
Il vincitore morale però è Massimo Giannini, uno che da un anno e mezzo mette in guardia dai nuovi fascismi presagendo una imminente Resistenza di lotta e d'antigoverno e l'altra notte ha scoperto invece che gli unici che non hanno votato la Meloni erano quelli della sua chat. E Stefano Cappellini? Come faremmo senza il suo giornalismo e lungimirante? E poi c'è Marco Travaglio, main sponsor di Giuseppe Conte. Leggendo il Fatto quotidiano noi stessi pensavamo un Giuseppe Conte al 20%, o al 25, o più. Previsioni dimezzate, o peggio.
Certo, anche su quanto è accaduto nel fronte opposto, però... Non hanno capito nulla di Berlusconi quando era vivo. Figuriamoci se capivano qualcosa del suo lascito da morto. Fino a ieri non ci è mai capitato di leggere un giornalista in grado di spiegarci perché il 10% dei votanti avrebbe potuto scegliere Antonio Tajani (e in verità, anche se ce l'avesse detto, non l'avremmo capito).
A proposito delle presunte praterie al centro che dovevano aprirsi davanti alle forze progressiste e moderate, e che invece esistevano giusto nella testa degli editorialisti che al mattino leggono solo i propri pezzi e alla sera li ripetono a La7. Quelle praterie sono rimaste così immaginarie che non sono riuscite a trovarle nemmeno Renzi e Calenda. Ah: qualche giorno fa Claudio Cerasa, direttore del Foglio, aveva simulato il voto nella propria redazione. Primi due partiti: Stati Uniti d'Europa di Renzi-Bonino, 13 voti; e Azione di Calenda: 7. Gli elettori reali ovviamente sono andati da tutt'altra parte.
È sempre così nel giornalismo.
Se fosse stato per le ospitate su La7 e RaiTre in un'ipotetica proporzione fra ore in video e voti nelle urne Michele Santoro doveva essere accreditato del 35%. Non ha passato la soglia di sbarramento.E per quanto riguarda Elly Schlein, persino lei i cacicchi del Pd la manderanno a casa un'altra volta. Cioè alle prossime elezioni. Che ci faremo spiegare dai soliti giornalisti.
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