
L’ipotesi di 40mila nuovi riservisti
L’Italia starebbe pensando all’ingresso nelle forze armate di circa 40mila riserve da impiegare durante le emergenze. Secondo indiscrezioni, la Difesa starebbe lavorando a una soluzione di questo genere con la collaborazione dei capi di Stato maggiori, che più volte hanno lamentato carenze d’organico. Al momento l’Italia dispone di circa 160mila militari tra Esercito, Marina e Areonautica, oltre a poco più di 100mila carabinieri. Proprio due giorni fa il capo di Stato Maggiore della Marina, Enrico Credendino, aveva lamentato la mancanza di 9mila unità nella sua forza armata.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha spiegato che «il numero dei soldati è fissato per legge», ma che «il modello è ormai inadeguato e va cambiato. Lo si farà in Parlamento». Crosetto ha aggiunto che per lui «sul confine ucraino può esserci solo l’Onu o una missione internazionale di peace-keeping che unisca quasi tutto il mondo, come in Libano. E l’Italia ha sempre partecipato alle missioni Onu». Come a dire: il nostro Paese ci sarà, come sempre, ma solo nell’ambito di una mobilitazioni militare internazionale nell’ambito delle Nazioni Unite.
100 miliardi di spesa e sempre più Rafale
Il ministro della Difesa, Sébastien Lecornu, chiede «unità nazionale» al Parlamento francese per il riarmo. A cominciare dal passare dalla produzione di 2 Rafale (aerei da caccia) al mese nel 2024 a quattro o cinque nel 2026. «Non sono sforzi bellici, ma di difesa e per la deterrenza», spiega Lecornu, secondo cui se la Francia «vuole recuperare le sue capacità di manovra nel tempo, rispondendo sovranamente alle sfide poste dalle nuove tecnologie, è chiaro che un orizzonte di circa 100 miliardi di euro all’anno costituirebbe il peso ideale per le Forze armate francesi». La Francia sta accelerando la consegna di equipaggiamenti militari e munizioni all’Ucraina, dopo la sospensione degli aiuti militari americani. Ma non è tutto. Parigi destinerà all’Ucraina quest’anno un nuovo pacchetto di aiuti da 195 milioni di euro, finanziato con gli interessi maturati dagli asset russi congelati e ha inoltre confermato la condivisione delle informazioni di intelligence con Parigi, conseguenza anche questa della decisione di Washington di interrompere la condivisione con Kiev.
Altri fondi speciali per le Forze armate
Il probabile futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz ha detto che vuole dialogare con Francia e Gran Bretagna sulla condivisione delle loro armi nucleari, ma non come sostituto della protezione nucleare statunitense dell’Europa. «È una questione di cui dobbiamo parlare, dobbiamo diventare più forti insieme nella deterrenza nucleare», ha detto in un’intervista alla radio Deutschlandfunk. «Dovremmo parlare con entrambi i paesi (Francia e Gran Bretagna), sempre dal punto di vista di integrare lo scudo nucleare americano, che ovviamente vogliamo vedere mantenuto». La Germania, a causa del suo passato nella Seconda guerra mondiale, si è vincolata alla difesa non nucleare in una serie di trattati internazionali, ma partecipa agli accordi di condivisione delle armi della Nato.
Cdu, Csu e Spd stanno anche studiando la possibilità di creare nuovi «fondi speciali» per le Forze Armate e per le infrastrutture. I principali economisti tedeschi ritengono che la Bundeswehr abbia bisogno di 400 miliardi di euro e che per le infrastrutture - in particolare la rete ferroviaria - siano necessari fino a 500 miliardi di euro.
Intesa senza gli Usa sull’intelligence
La Gran Bretagna, unico Paese che può esercitare la deterrenza nucleare in Europa oltre alla Francia, dovrebbe sviluppare un’alleanza di condivisione dell’intelligence «Four Eyes», sottogruppo ristretto dell’attuale «Five Eyes», l’alleanza di intelligence attualmente composta da Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda. In sostanza dal gruppo verrebbero esclusi gli Usa, una risposta alle azioni di Donald Trump sull’Ucraina, che ha sospeso l’invio di informazioni di intelligence a Kiev. La notizia non è ancora ufficiale ma è trapelata attraverso fonti della difesa britannica, citate dal quotidiano britannico Daily Mail. La creazione del sottogruppo, nell’opinione delle fonti citate, consentirebbe la condivisione di informazioni tra Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda senza il veto degli Stati Uniti.
In un'intervista a Sky News, il ministro del Cabinet Office, Pat McFadden, ha anche spiegato che «il Regno Unito non sta prendendo in considerazione per il momento l’introduzione della leva obbligatoria per preparare il Paese a un’eventuale guerra, ma in futuro potrebbe essere necessario prendere decisioni per rispondere alla “nuova realtà” in cui viviamo».
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