Uno si aspetterebbe che nell'era dell'ambientalismo ideologico le parole seguissero ai fatti. E che, mentre si rischia di consegnare mani e piedi la nostra industria automotive alla supremazia dell'auto elettrica cinese, per lo meno in Europa si chiudessero in soffitta le vecchie centrali a carbone. Invece no. Secondo quanto emerge dal Global Energy Monitor, si scopre che il 2023 è stato l'anno in cui la capacità di produzione di energia elettrica da questa fonte è cresciuta per la prima volta a livello mondiale negli ultimi quattro anni. L'aumento è stato del 2% (pari a 48,5 GigaWatt). Un risultato a cui noi europei abbiamo contribuito rallentando il piano di spegnimento delle centrali a carbone. Dalle nostre parti il caso più emblematico è quello della Germania, dove la crisi del gas russo ha creato un curioso cortocircuito: in un governo dove i verdi hanno lottato per far spegnere gli ultimi impianti nucleari tedeschi, nel 2023 si è dovuti ritornare a bruciare lignite a tutto spiano. I cugini teutonici si giustificheranno dicendo che lo hanno fatto solo un pochino, che è stata un'emergenza e che da quest'anno torneranno a spegnere le centrali alimentate dal combustibile fossile più inquinante in assoluto. Intanto però si va verso l'era dell'auto elettrica rinunciando a una fonte di energia pulita come il nucleare.
Ma la beffa più grande di tutte è che il maggior creatore mondiale di centrali a carbone è stata proprio la Cina, il Paese che presto ci imbottirà di auto green. Pechino, infatti, ha realizzato oltre il 60% dei nuovi impianti.
Viene allora da domandarsi se tutto questo bruciare le rocce nere con cui si scaldavano le nostre nonne non serva forse ad alimentare (anche) l'industria dell'auto elettrica, quella che ci regalerà una squisita mobilità green, lasciando a noi la costosa incombenza di tagliare le emissioni globali.
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