
Ci sono due termini che appartengono al nostro lessico comune e quotidiano, Europa e Unione Europea, che quasi sempre vengono adoperati con lo stesso significato. Si dice quasi sempre Europa e Unione Europea come se fossero l’identica cosa. Tuttavia, alla luce di una semplice verifica questa assimilazione risulta essere quantomai superficiale e non solo perché non tutti gli Stati del continente europeo appartengono all’Unione di Bruxelles. L’Europa è certamente un’entità geografica, delimitata, per convenzione geografica, dalle catene montuose degli Urali e del Caucaso, a sud dal Mar Nero e dal Mar Mediterraneo, a ovest dall’Oceano Atlantico, a nord dal Mar Glaciale Artico. Ma l’Europa è più di tutto un luogo storico e culturale. L’Unione Europea, per contro, è una sovrastruttura giuridica che nasce da alcuni trattati, diventata col tempo una pesante articolazione burocratica, fonte di regole, un gigante pervasivo che spesso ha tradito gli ideali nobili che pure ispirarono i suoi padri. L’Europa nella sua accezione spirituale, quella culturale e storica, è stata la culla della civiltà occidentale e può essere rinvenuta ancora oggi nelle tante radici comuni di popoli diversi. La storia europea è stata scandita da secoli di tragiche guerre, contrapposizioni, violenze reciproche; tuttavia, senza far venir mai meno un comune «spirito europeo», quello che Nietzsche contrapponeva alla «frettolosa Europa». Le radici comuni dell’Europa sono in secoli di vicende comuni che tendono a creare una tensione unitaria: l’antica Grecia con la sua poesia e filosofia, l’Impero Romano, il diritto romano, il cristianesimo, Carlo Magno, il Sacro Romano Impero, Carlo V, vasti territori che sono appartenuti vicendevolmente all’una o all’altra nazione. Le testimonianze preservate dai benedettini. Popoli che si sono sovrapposti e confusi: franchi, longobardi, normanni, svevi, veneziani, spagnoli, tedeschi, polacchi, solo per citarne alcuni. Accanto alla storia politica quella culturale, fatta di poeti, scrittori, architetti, pittori e scultori che si so no contaminati a vicenda. Dai filosofi dell’antica Grecia a Sant’Agostino e a San Tommaso, da Dante a Shakespeare, fino a Kant e a Hegel.
Questa è l’Europa autentica, nobile e molto distante da quella che oggi si occupa dei tappi delle bottiglie.
Il tema della decadenza rispetto ai valori spirituali e mitologici è la grande questione posta da Osvald Spengler nel fortunatissimo libro «Il tramonto dell’Occidente» (Der Untergang des Abendlandes) pubblicato in due volumi tra il 1918 e il 1922. Riprendendo il monito di Nietzsche contro il nichilismo, Spengler avverte che il declino socioeconomico è la conseguenza di quello morale, che si sostanzia nell’abbandono di valori tradizionali.
Negli ultimi decenni l’Europa ha accumulato enormi ritardi, soprattutto di natura tecnologica e organizzativa, incapace di innovare e competere con Cina e Stati Uniti. E questo è accaduto spesso non per mancanza di competenze (che nelle università ci sono) o risorse ma perché si è orientata secondo l’ideologia del «politicamente corretto», inseguendo la nuova utopia liberal che si è palesata dopo il fallimento di quella marxista.
L’Europa si è sclerotizzata in astratte regole formali che rispondono più a imperativi ideologici che a effettive necessità, ha provato a uccidere le diversità delle sue nazioni e dei popoli, che pure creano un valore. Ha inseguito parole d’ordine spesso vuote, una «regolazione ideologica» non rispondente a nessun criterio logico e socioeconomico, come nel caso del cosiddetto catastrofico Green Deal, che non migliora l’ambiente ma distrugge posti di lavoro e crea povertà.
L’Europa non ha un sistema satellitare competitivo, per usi civili e militari, ma questo non è colpa di Musk, come si vuol far credere, ma dell’Unione che, mentre americani e cinesi mandavano in orbita satelliti, scriveva i regolamenti su come farlo. Su molti ambiti Bruxelles non ha fatto i compiti a casa e ha accumulato ritardi che appaiono incolmabili.
Le ragioni che spinsero alla nascita della Comunità Europea sono riassumibili nella volontà di promuovere pace, sviluppo e modernizzazione; questo, però, partendo dal valore fondante della libertà che l’Europa aveva rischiato di perdere. Proprio in nome della libertà il generale De Gaulle rifiutò ostinatamente l’idea di qualunque entità che fosse ispirata al principio della sovra-nazionalità. Il primato della nazionalità resta il valore storico più tipizzante per l’Occidente; anni fa il sociologo Ralf Dahrendorf, che pure era stato un’icona della sinistra, affermò che non può esistere la democrazia al di fuori dello Stato Nazione. «Dobbiamo fare di più che parlare di valori democratici.
Dobbiamo viverli», ha dichiarato il vicepresidente Usa JD Vance nel discorso alla Conferenza di Monaco erroneamente bollato dal mainstream come antieuropeo.
Si può essere convintamente europeisti, nel senso di riconoscere il valore storico e culturale che unisce i popoli europei, senza aderire
acriticamente ai postulati dell’Unione di Bruxelles. È tempo di distinguere con chiarezza l’Europa, un grande valore di storia e pace, dalle sovrastrutture burocratiche, che vanno riformate e orientate agli interessi reali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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