Fallimento certificato

Se l’economia va avanti di questo passo il Pil di quest’anno sarà dell’1,8. Nel secondo trimestre è cresciuto solo di un +0,1%, la crescita più bassa dal quarto trimestre del 2005 che si era chiuso con un -0,1%.
Lo dice l’Istat. L’Italia non cresce come dovrebbe, anzi rallenta. Basti pensare che nel Regno Unito e negli Stati Uniti nel secondo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,8%.
Di economia si parla molto in questo Paese e ovunque. Del resto l’andamento dell’economia indica lo stato di salute, e dunque di benessere, di un Paese. Ne discettano gli economisti, gli esperti a vario titolo, gli organismi internazionali: si danno dati, si fanno consuntivi, si fanno previsioni, si critica sull’operato di imprese e di governi. Nel frattempo l’economia va avanti, si sviluppa. Il Pil è come un enorme imbuto all’interno del quale va a finire tutto ciò che viene fatto e che ha una qualche rilevanza di tipo economico. In esso vanno a finire le spese private o le spese pubbliche, i consumi e gli investimenti, i guadagni dei risparmi e gli oneri sui debiti. Tutto, e alla fine questo grosso imbuto fa fuoriuscire un numeretto, che è la crescita che in quell’anno si registra nell’economia. Anche su di esso si può discutere, ma anche discutendo il numero non cambia.
Cosa ci dice questo numero, fino ad ora, quest’anno? Ci dice due cose. La prima è che probabilmente nel 2007 cresceremo meno che nel 2006. La seconda è che non solo non stiamo crescendo, ma stiamo addirittura rallentando più del previsto, anche nel secondo trimestre: solo un miserrimo +0,1%.
Cosa incide sul Pil? C’entrano i governi sull’andamento del Pil o no? Per un Paese che esporta come il nostro l’andamento dell’economia internazionale è un fatto, ovviamente, fondamentale. Ebbene, è noto a tutti che nel 2007 l’economia e la congiuntura internazionale vanno meglio che negli anni precedenti. Quando la congiuntura internazionale non va e il ciclo economico non riparte, i governi possono e debbono darsi da fare. Ma è ben difficile che riescano a innescare una dinamica per la quale possa ripartire il ciclo economico. Ma quando il ciclo economico è ripartito i governi possono fare molto: possono cioè favorire tutte le imprese e i consumatori in modo tale che questi possano, come si dice, «agganciare» la ripresa. Se guardiamo dentro l’Italia consumi e investimenti risultano capitoli fondamentali del Pil. Se anche essi non ripartono, evidentemente non è stato fatto quello che si doveva (e qui si poteva) a livello interno.
Ma cosa può fare un governo? Il governo della moneta è ormai appaltato alla Banca Centrale europea, non è più neanche competenza specifica della Banca d’Italia. Rimane una parte fondamentale, che è fatta dalla politica economica, che è di competenza praticamente assoluta del governo nazionale. Essa comprende tutto ciò che un governo può fare attraverso regolamentazioni, leggi e norme nel campo dell’economia. In essa ovviamente rientra la politica fiscale e la politica di incentivi per le imprese. Qui il governo ha fatto molte cose, sostenendo che le direttrici di questa opera erano due: risanamento dei conti e ripresa. Sull’andamento dei conti la bocciatura (soprattutto grazie alla mancata riforma delle pensioni) è venuta un po’ dappertutto.

Sulla ripresa i dati dell’Istat, purtroppo, indicano un altro fallimento. Non potranno neanche dire che è colpa di ciò che è stato lasciato l’anno prima: il Pil del 2006, dopo l’ultima Finanziaria di Berlusconi, ad oggi, è più alto di quello del 2007 dopo la prima Finanziaria di Prodi.

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