RomaSe ci sono delle aperture alle imprese, per il momento il governo le tiene ben nascoste. Ma è chiaro che, se spunteranno modifiche al ddl lavoro con lok di Palazzo Chigi, riguarderanno solo la flessibilità in entrata e non avranno effetti sui saldi. La trattativa tra governo, Pdl e aziende è in stallo, anche perché ieri, mentre Confindustria e Rete imprese mettevano a punto le rispettive richieste in vista di un documento unitario sul quale si dovrebbero accordare oggi, il ministero del Lavoro era impegnato su un altro fronte, quello delle pensioni.
Il dicastero ha reso noto il numero ufficiale degli esodati, cioè i lavoratori usciti dalle aziende in seguito ad accordi, che si sono trovati senza stipendio e con la pensione sempre più lontana a causa della riforma previdenziale. I «salvaguardati» (così chiama il ministero gli ex lavoratori per i quali varranno i vecchi requisiti per accedere allassegno) secondo Fornero sono 65mila. Solo 5mila in più rispetto a quanto stabilito dal decreto salva Italia. Non i 350mila ipotizzati nelle settimane scorse, né i 120-150mila ipotizzati dai tecnici più recentemente. Con 65mila «non servono risorse aggiuntive», è la tesi di fonti del ministero, che ha subito suscitato proteste. Proprio oggi i sindacati manifesteranno a Roma a sostegno degli esodati chiedendo di prevedere una copertura per tutti. E per contestare Fornero. Ha fornito «dati sballati», per la Cgil. Per la Uil, il ministro «fa il gioco delloca» e ripropone i 65mila del salva Italia solo per motivi di copertura. «Le persone coinvolte sono molte di più», per Maurizio Petruccioli della Cisl e per il segretario dellUgl Giovanni Centrella. Il governo in parte lo ammette, ma si limita a stabilire che per specifiche situazioni, e comunque sempre per lavoratori che abbiano raggiunto accordi collettivi entro il 2011 «in sede governativa», si studieranno altre soluzioni. E la più probabile è che si facciano rientrare gli esodati nei nuovi ammortizzatori, cioè nellAspi che sostituirà mobilità e indennità di disoccupazione.
Un fronte che si riapre con le organizzazioni dei lavoratori proprio mentre sulla riforma del lavoro la trattativa si è arenata. Qualche indicazione di massima sulle modifiche che potrebbero passare, nonostante limpasse della trattativa Monti-Pdl, ieri è emersa. Il premier e il ministro Elsa Fornero sono disposti a valutare solo proposte che riguardano flessibilità in entrata, che il ddl del governo ha imbrigliato. Su questo fronte, il consenso politico è ampio. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani nei giorni scorsi si era dimostrato disponibile e ieri alcuni esponenti democratici, mentre erano in corso le audizioni parlamentari delle imprese, non hanno nascosto di pensarla in modo simile alle aziende. Per il Pdl è il minimo consentito: «Il testo sarebbe da stracciare», ma per ragioni politiche il Popolo delle libertà è impegnato alla ricerca di un equilibrio, ha spiegato Giuliano Cazzola.
Ad esempio sulle partite Iva. Rispetto alle ipotesi iniziali, il governo ha già parzialmente frenato dando più tempo ai professionisti e alle aziende per mettersi in regola. Ieri le organizzazioni delle imprese e il Pdl hanno chiesto di più. Sotto la lente ci sono gli indicatori presuntivi, come quello che, di fronte a un professionista che ha il 75% dei ricavi da un solo committente, considera il rapporto di lavoro come subordinato, salvo prova contraria. Rete imprese e Confindustria chiedono il ritorno a un regime di onere probatorio normale. La soluzione individuata dal Pdl prevede un metodo simile a quello utilizzato per le invalidità civili: cioè controlli a campione sui casi sospetti.
Potrebbe cambiare anche lapprendistato, almeno nella parte che riguarda il vincolo di assunzione. Alle piccole imprese premono però i costi. Nellartigianato, ha ricordato ieri il segretario generale di Confartigianato Cesare Fumagalli, «ci sono oltre 250mila apprendisti ogni anno e il costo dellAspi graverebbe sullapprendista per l1,31%, poi quando è assunto scenderebbe allo 0,40%: è contraddittorio».
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