A volte i titoli dicono esattamente il contenuto di un libro. È il caso de La scossa. Sei proposte shock per la rinascita del Sud, scritto da Francesco Delzìo e pubblicato dal vulcanico editore Rubbettino (pagg. 90, euro 10). Delzìo ha ragione. Al Sud è mancata la scossa. Il dizionario italiano ci dice che scuotere vuol dire: «Agitare con forza con moto alterno, da una parte allaltra o dallalto in basso o viceversa». Proprio questo è mancato. Magari ci sono state buone intenzioni, anche volontà vera di cambiare le cose. Ma tutto è stato concepito con strumenti vecchi, con tentativi pesanti da un punto di vista burocratico. E poi, soprattutto, non si è mai imboccata con decisione una strada che da altre parti (Delzìo cita lesperienza dellIrish Development Agency) ha funzionato, e cioè quella di rendere un territorio conveniente e dunque attrattivo per le imprese. Alla fine, vuoi perché cerano già strutture e istituzioni dove lavoravano molte persone, vuoi perché si è sempre pensato, o comunque scelto, di ricorrere al vecchio e inefficiente toccasana della spesa pubblica, vuoi perché i legami della politica con il territorio erano talmente stretti che nessun partito se la sarebbe sentita di mettere le mani sul flusso di denaro che da Roma raggiungeva il Meridione, la scossa non cè stata.
Delzìo ricorda alcuni dati che non si offrono a molte interpretazioni. Nelle aree europee «Obiettivo I» i Paesi sono cresciuti in media, nel periodo 1995-2005, del 3% circa; il Sud dItalia è cresciuto lo 0,6%. Nel 2008 il Pil per abitante, in Italia, è stato di 17.971 euro al Sud, contro 30.681 euro al Nord. Ogni anno circa 300mila persone abbandonano il Sud per cercare migliori opportunità. Soltanto il 30% dei giovani meridionali che hanno studiato nel Centro-Nord, rientra alla base. Sono giovani che appartengono alla Generazione Tuareg (titolo di un altro fortunatissimo libro di Delzìo). Il Sud entro ventanni passerà dagli attuali 20,8 milioni di abitanti a 19,3 milioni, tra questi una persona su tre avrà più di 65 anni e una su dieci più di 80 anni. Dicevamo sopra che lItalia è poco attraente per capitali e imprese; ancora molto meno lo è il Sud. Ci ricorda Delzìo che «sul totale degli investimenti effettuati in Italia nel 2008, soltanto il 6,6% provengono dallestero, contro il 14,6% in Francia e il 32,1% in Gran Bretagna. Nella classifica degli Investimenti Diretti Esteri siamo, desolatamente, gli ultimi nellEuropa avanzata. Ma il dato più clamoroso si scopre esaminando la distribuzione territoriale degli investimenti: solo lo 0,7% è posizionato nel Mezzogiorno». La società Invitalia come mission aveva, tra laltro, quella di attrarre gli investimenti esteri. Non è andata benissimo.
Delzìo propone una terapia durto che dia, appunto, la scossa di cui cè bisogno. Per prima cosa propone la «No Tax Area», consistente nel non dare più incentivi alle imprese ma nel non caricarle neanche di tasse. Al secondo posto propone un azzeramento della burocrazia per la grande chance del Meridione, che è il turismo. Al terzo posto pone la necessità di detassare le facoltà scientifiche in modo da favorire lavvento di un numero maggiore di ingegneri e un numero minore di avvocati che, viceversa, caratterizza le università meridionali. Anche in questo caso la proposta di Delzìo è giustamente radicale. Linventore della «Generazione Tuareg» propone poi un «Sud flessibile» dove si superino le gabbie salariali a favore di contratti innovativi. Delzìo propone anche una cura drastica - lui la chiama «guerra totale» - nei confronti della irresponsabilità degli amministratori locali. Lultimo punto prende il via da un fallimento clamoroso: quello della assunzione di un ruolo-guida da parte delle Regioni nella promozione dello sviluppo. Secondo Delzìo occorre tornare a una Cassa per il Mezzogiorno gestita in modo centrale da un personale competente.
Si può discutere delle proposte di Delzìo, ma si tratta di proposte intelligenti, ragionate. Ma il giovane autore (35 anni) ha ragione anche in unaltra considerazione.
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