"Frieze" estrosa e anche pensosa. La Brexit pesa, però l'arte vola

Ingresso scenografico, sculture nel parco, molti italiani. Londra è meno instagrammabile per rispondere alla Parigi rampante

"Frieze" estrosa e anche pensosa. La Brexit pesa, però l'arte vola

Per comprendere la difficile arte della manutenzione della coolness bisognerebbe imparare da Frieze, la fiera d'arte contemporanea nata a Londra 21 anni fa a Regent's Park, uno dei parchi più belli della metropoli. Visto che il gioco dell'arte si fa duro - la neonata Art Basel Paris, due anni appena e già tanta voglia di crescere, apre la settimana prossima - Frieze alza la posta. Lo si è capito subito all'apertura di mercoledì (la fiera dura fino a domenica): l'ingresso rinnovato è più scenografico, la sezione scultura che punteggia il parco circostante è più ricca del solito (e anche democratica: per vederla non serve il biglietto), i «punti pausa» (perché ad andar per fiere ci si stanca) si sono moltiplicati, così come quelli di ristoro. C'è parecchio su cui prendere appunti, pensando a quanto avviene nel settore fieristico da noi in Italia.

Frieze è una fiera estrosa, radicale e anche un po' punk: qui i collezionisti vengono per vedere ciò che da altre parti non trovano, spesso presentandosi in sneakers (alcuni anche con improbabili mantelli verde elettrico) perché l'eccentricità è la norma. Eppure, quest'anno le premesse non erano delle migliori: questa è stata una vera «cruel summer» per il mercato dell'arte londinese, con un fuggi fuggi generale di gallerie private e aste loffie. I problemi fiscali legati alla Brexit pesano come macigni.

«Molti collezionisti preferiscono comprare altrove», ci dice una art dealer italiana, di stanza a New York, che conosce bene l'ambiente. Per contenere l'armada invencible di Art Basel, che conta su una Parigi in grandissimo spolvero - giusto in questi giorni ha aperto, tra il plauso generale, la mostra-mustsee alla Bourse di Pinault sulla nostra Arte Povera - Frieze s'è fatta più accorta. Ha scelto, ad esempio, una dislocazione diversa: le big galleries sono alla fine del percorso, per permettere al pubblico di gustarsi tutta l'offerta. Molte (su tutte Hauser & Wirth) si sono focalizzate su un singolo autore.

The italians ci sono, eccome. Francesca e Massimo Minini, vicini all'ingresso, intercettano l'interesse dei collezionisti con una proposta colorata e raffinata, la cui star è la venezuelana Sol Calero, fresca di Biennale. Spiccano per originalità Franco Noero che presenta uno stand arredato dai mobili minimalisti e dagli specchi del meranese Martino Gamper e la signora delle gallerie, Lia Rumma, che ha messo in bella vista un'opera di Gian Maria Tosatti e gli incantevoli lavori dell'egiziano Wael Shawky. Rumma è nella parte più prestigiosa della fiera insieme a Robilant+Voena che punta su Pistoletto.

«Dobbiamo ricostruire con il pubblico un modo nuovo di vivere le fiere», ci dice la gallerista Francesca Migliorati della bresciana APalazzo-Gallery, pronta come tutti gli altri a smontare lo stand domenica a Londra e a riallestirlo la settimana dopo a Parigi. Ma ne vale davvero la pena? «A Londra vieni per lavorare, a Parigi per divertirti», chiosa Edwin Heathcote, firma del Financial Times e delizioso conversatore a tavola. «Ho la sensazione che molti americani, che non amano Londra, andranno diretti a Parigi. Frieze ha una tradizione consolidata ed è una fiera che si è distinta per essere radicale, ma non si vive di rendita».

Gli 88mila visitatori dello scorso anno sono un bell'impegno, in effetti. Intanto, due corazzate made in Italy come Galleria Continua e Mazzoleni sono in primo piano nella sezione Master e illycaffè ha scelto Londra per presentare la sua nuova illy Art Collection nata con Progetto Genesi: le artiste e attiviste Simone Fattal, Monica Bonvicini, Shirin Neshat e Binta Diaw hanno usato le tazzine come tela per le loro creazioni. Alcune scelte destano poi sorpresa: Gagosian non ha voluto uno stand tradizionale, ma uno spazio aperto e di affollatissimo passaggio con le opere di un'unica artista.

«Ci siamo concentrati sulla scultrice americana Carol Bove: le sue opere ricreano una foresta incantata dove è bello sostare», spiega Pepi Marchetti Franci, direttrice della sede romana della galleria. Per Arturo Galansino, direttore generale di Palazzo Strozzi, è la proposta meglio riuscita. «Molti nostri artisti stanno facendo bene: ne sono lieta», ci dice Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, collezionista instancabile, tra le più attive in Italia, e presidente della Fondazione che porta il suo cognome. Anche lei è pronta per la prossima tappa parigina: «Tanti amici collezionisti fanno due giorni a Londra e due a Parigi: credo che le due manifestazioni non siano antagoniste, ma che si possa fare sistema. E sono felice che diversi nostri talenti abbiano trovato qui a Londra una bella vetrina: penso a Enrico David con la galleria Michael Werner o ad Aida Cioni da P420. C'è sempre bisogno di spingere l'arte italiana contemporanea e Frieze è Frieze: imprescindibile. Anche se quest'anno, come è giusto che sia, l'arte non può far finta che il mondo fuori non esista».

Qualcuno sussurra che si sono fatte «scelte sicure per rischiare di meno»

(il mercato è abbottonato quando ci sono conflitti in corso), tuttavia, questa Frieze più pensosa, con opere meno instagrammabili e diversi progetti monografici, dimostra che le fiere non vivono proprio su un altro Pianeta.

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