Il futuro che sale sul tram

Il problema di parcheggiare l'auto assilla quotidianamente migliaia di persone, e certamente in maniera maggiore chi abita in una città così popolata come la nostra. Un tema che si è fatalmente sviluppato in tutto il mondo, e risolto, bene o male, nella maniere più diverse, tenendo conto dei gravi fattori legati ad una mobilità in continua crescita. La semplice manovra del parcheggiare è allora solo il momento finale di una filiera che parte ben da lontano e che procede in maniera non certo felice sotto la guida delle amministrazioni. A Milano questo argomento si è dibattuto e si dibatte in ogni circolo di quartiere, ma resta prigioniero di un vero e proprio circolo vizioso. Si prende un'area o una piazza (e qui già si discute), si scava e si realizza un certo numero di posti auto che hanno come futuro quello di essere venduti agli abitanti del quartiere o di essere affittati ad ore o giornate agli automobilisti che si debbono servire di quella zona. Ma quanti debbono essere, anche in futuro, questi posti auto? E a quanto debbono essere affittati per essere appetibili e convenienti? Una incognita che troverà risposte sempre più incerte e confuse, soprattutto quando tra non molto entreranno in circolazione le migliaia di auto che serviranno in entrata e in uscita i nuovi poli del quartiere ex Fiera, delle Varesine, di Santa Giulia, di Ponte Lambro,della Bicocca, dell'area Marelli e di via Padova? Anche chi sa ben poco del rapporto tra architettura e mobilità sa però che la soluzione vera sta nell'incremento dell'offerta del servizio pubblico.

«Ma i tempi di realizzazione del privato sono ben più rapidi di quelli della cosa pubblica - fa notare la mia giovane discepola - e forse le nuove aree saranno belle e pronte mentre forse si cercheranno ancora nuovi fondi per metropolitane, bus e tram».

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