Il futuro di Israele? Arabo, ortodosso e povero

Gravi problemi per il futuro dello Stato vengono non dall'esterno, ma dall'esplosione di comunità nazionali meno sviluppate e istruite

Mentre Israele festeggia da stasera il 62° anniversario della fondazione, un ponderoso rapporto pubblicato dal Centro Taub di studi sociali avverte che in assenza di misure immediate, energiche, lungimiranti, il futuro dello Stato appare molto incerto.
Il pericolo da affrontare è tutto interno, non esterno. Riguarda due minoranze in crescita impetuosa: quella araba (20 per cento) e quella degli ebrei ortodossi (8-10 per cento). Per ragioni molto diverse, in entrambe il tasso di impiego della forza lavoro è molto più basso della media dei Paesi occidentali con i quali Israele compete. Fra gli arabi israeliani adulti, quasi uno su tre non lavorano. Fra gli ebrei ortodossi, ogni tre adulti due vivono di contributi statali. Di conseguenza la povertà diventa endemica. «Una situazione senza eguale nel mondo occidentale», esclamano allarmati gli estensori del Rapporto.
La pur dinamica e moderna economia israeliana fatica a prendere quota perchè il peso di questi strati sociali è sempre più consistente. Per ragioni disparate, fra gli arabi e fra gli ortodossi la qualità dell'educazione non è all'altezza degli standard occidentali. Inoltre nell'insieme delle quattro "correnti" del sistema educativo israeliano ("ufficiale"; "ufficial-religiosa"; "ortodossa"; e "araba") il loro peso specifico è destinato a crescere, per ragioni demografiche. Nel 2000, gli allievi arabi e ortodossi in Israele erano il 34 per cento della popolazione scolastica. Nel 2014 saranno il 47 per cento. E fra 30 anni diventeranno il 78 per cento, secondo il Centro Taub.
Nel settore arabo, denunciano questi ricercatori, le infrastrutture approntate dallo Stato sono carenti. Nel settore ortodosso gli allievi sono indirizzati a studi talmudici e sono esentati da materie di carattere umanistico. In entrambi i casi, al termine degli studi è difficile trovare lavoro in Israele e ancora più arduo nel resto del mondo.
«Se nel 2040 quegli allievi avranno lo stesso approccio dei loro genitori verso il mondo del lavoro, per lo Stato di Israele sarà molto difficile funzionare» avverte il professor Dan Ben-David, uno dei curatori del Rapporto. Il livello medio di vita crollerebbe. Se invece già oggi gli adulti di quelle comunità saranno inseriti nel mondo del lavoro, c'è da ritenere che il loro tasso di crescita demografica calerà e che lo standard di vita salirà.


La necessità urgente per il governo di investire in modo massiccio nel settore arabo viene avvertita da diversi dirigenti, in particolare dal capo dello stato Shimon Peres. Ma alle parole finora non sono seguiti fatti.

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