La Gelmini mette in campo una task force per combattere la dislessia in aula

Il governo firma un protocollo d'intesa con il Presidente di Fondazione Telecom Italia Joaquín Navarro-Valls e l'Associazione Italiana Dislessia allo scopo di riconoscere e combattere nelle scuole italiane questo disturbo dell'apprendimento.

Insieme per vincere la dislessia. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha firmato un protocollo d'intesa con il Presidente di Fondazione Telecom Italia Joaquín Navarro-Valls e il Presidente dell'Associazione Italiana Dislessia Rosabianca Leo, allo scopo di riconoscere e combattere nelle scuole italiane questo disturbo dell'apprendimento. Una squadra che lo stesso ministro definisce una task force contro la dislessia.
Due i progetti messi a punto:Non è mai troppo presto, per il riconoscimento precoce della dislessia e A scuola di dislessia, finalizzato alla formazione specifica degli insegnanti. L'accordo si inquadra in un più ampio programma di interventi già avviato da Fondazione Telecom Italia e Associazione Italiana Dislessia nel 2009 per la durata di tre anni scolastici e un investimento, da parte di Fondazione Telecom Italia, pari a 1,5 milioni di euro. Lo scopo principale di questo accordo è quello di pianificare una lotta globale alla dislessia. Un disturbo che interessa circa 350.000 studenti italiani fra i 6 e i 19 anni, ovvero circa il 5 per cento della popolazione scolastica, in media uno studente ogni 20, e che spesso provoca l'abbandono scolastico.
Il progetto Non è mai troppo presto mira al riconoscimento precoce dei disturbi specifici dell'apprendimento. É dimostrato come una diagnosi tempestiva sia determinante per il recupero di questi disturbi. Se si interviene in modo corretto entro il secondo anno della scuola primaria si può ridurre l'entità del disturbo in modo significativo, molto più che negli anni successivi. Il progetto, che avrà durata triennale, si propone di definire e sperimentare un protocollo di screening scientificamente attendibile, replicabile in modo omogeneo sul territorio nazionale, per individuare gli indicatori di rischio più sensibili e verificare l'efficacia di interventi didattici mirati e precoci. Sarà quindi analizzata per 3 anni l'evoluzione delle competenze di lettura e scrittura di circa 7.000 bambini, coinvolgendo 300 classi e insegnanti della scuola pubblica e privata.
Il progetto A Scuola di Dislessia" punta invece alla formazione specifica degli insegnanti e alla sperimentazione di modalità didattiche inclusive basate sull'utilizzo del personal computer. Sarà attivata una rete di 6.000 insegnanti "referenti" coinvolgendo, nell'arco di 3 anni, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado in tutte le Regioni italiane. I docenti riceveranno una formazione specifica, teorica e pratica, per la gestione degli alunni con disturbi specifici dell'apprendimento mirata anche ad introdurre e stimolare l'utilizzo del personal computer nelle classi.
«Il governo non poteva restare indifferente», spiega la Gelmini che sottolinea come questo problema non soltanto incide «negativamente sulla capacità di apprendimento degli studenti» ma rappresenta anche «una delle cause più frequenti dell'abbandono scolastico».
Ma che cosa è la dislessia? La dislessia con la disortografia e la discalculia costituisce l'insieme dei cosiddetti Disturbi Specifici di Apprendimento. In particolare la dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. È presente in bambini dotati di normale intelligenza, se non superiore alla media, che non hanno altri problemi di sviluppo. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità classifica la dislessia e gli altri disturbi specifici di apprendimento come «disabilità per cui non è possibile apprendere la lettura, la scrittura o il calcolo aritmetico nei normali tempi e con i normali metodi di insegnamento».
Purtroppo in Italia la dislessia è ancora poco conosciuta e data la settorialità del problema è comprensibile che vi siano state fino a qualche tempo fa oggettive difficoltà ad accettare questo disturbo per quello che è, confondendolo con forme di disattenzione, svogliatezza o indolenza da parte di ragazzi normalmente intelligenti che, per questo, sono stati definiti dai loro stesi insegnanti semplicemente distratti o peggio svogliati e superficiali. La mancata comprensione del disturbo si conclude spesso con una bocciatura o con l'indirizzo di questi ragazzi verso percorsi scolastici poco impegnativi.
Oggi la ricerca scientifica in ambito clinico e pedagogico ha chiaramente individuato i percorsi e gli strumenti che permettono di affrontare e ridurre l'entità di questi disturbi, tra i quali principalmente il riconoscimento precoce (entro il secondo anno della scuola primaria), un supporto didattico specifico e un impiego diffuso e puntuale di strumenti tecnologici.

Questi ultimi sono spesso già presenti nelle famiglie e nelle scuole o comunque facilmente reperibili sul mercato a costi sostenibili: si tratta principalmente di personal computer attrezzati con programmi specifici di sintesi vocale.

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