«Ero dell'idea di restituire le maglie alla tifoseria»

«Se dovessi dire che sono stato io a dare l'ordine ai calciatori di togliersi le maglie, direi una bugia. Però ero d'accordo a darle. Questo contribuì a far riprendere la partita». È uno dei passaggi più importanti della testimonianza resa ieri mattina dal presidente del Genoa, Enrico Preziosi, nel processo che vede quattro ultrà rossoblù imputati di violenza privata, lesioni e violazione della legge sulla sicurezza negli stadi per i fatti di Genoa-Siena del 22 aprile 2012.
Preziosi ha ripercorso tutte le tappe della vicenda: «I tifosi chiesero ai giocatori di togliersi le maglie perché secondo loro non le stavano onorando. C'era sgomento, ma non abbiamo mai avuto la sensazione che si potesse arrivare a uno scontro fisico. Una volta consegnate le maglie, si poteva giocare con una muta diversa», ha ricordato il patron rossoblù. Durante la deposizione è stata proiettata una video intervista, fatta subito dopo Genoa-Siena, nella quale Preziosi invocava pene severe per i tifosi che avevano fatto sospendere la partita: «Le mie dichiarazioni erano conseguenza di uno stato emotivo ed erano frutto della rabbia per quello che stava succedendo. Rischiavamo dei punti di penalizzazione e la retrocessione in serie B. Il mio problema in quel momento era continuare la partita. Ero abbastanza frastornato», ha spiegato il presidente rossoblù. Il pm ha chiesto conto a Preziosi dei suoi rapporti con la tifoseria. «Ho ricevuto solo qualche contestazione per la mia presidenza.

Non ho più avuto contatti con i tifosi da sette, otto anni. Non ho mai subito alcuna intimidazione. Ho ricevuto qualche telefonata anonima e basta. Quando i tifosi vennero a Pegli per contestare la squadra, non abbiamo mai avuto la sensazione che ci fosse pericolo».

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