Quel trallallero che voleva «sottovivere»

Ora che l'ultimo «trallalero» si è spento nella chiesetta di San Donato, qualche riflessione di amici veri si possono accettare, su quel «geniale» personaggio che fu Arnaldo Bagnasco. Chi lo ha conosciuto bene, già dai primi anni Sessanta (come chi scrive) ricorda sempre che uno dei termini più usati nel suo linguaggio di intellettuale morbido, era appunto «geniale».
Bagnasco fu certamente un punto di riferimento per una città incolta, ma che veniva affascinata dai pochi uomini illuminati che la vivevano: uno di questi era Arnaldo. Già negli anni universitari, in via Balbi, più che la goliardia (che lui considerava una specie di sub cultura, solo allegria...) amava la cultura che già allora si «sentiva» o cominciava a sentirsi «di sinistra».
Il Cut (Centro universitario teatrale) lo ebbe come protagonista, insieme all'inseparabile allora Cesare Viazzi (lui, morto proprio due giorni fa, gli fu vero amico, quale direttore di Sede Rai, allorché Bagnasco venne assegnato a Genova come direttore dei programmi) e poi il teatro (se non sbaglio fu anche attore uscito dallo Stabile, allora «Piccolo»...). E poi come uomo di eccellente preparazione letteraria, il che gli permise di diventare autore e regista di interessanti trasmissioni televisive, negli anni di Gueglielmi a Rai Tre, santuario di intellettuali, molto preparati, ma anche molto presuntuosi. Proprio in Tv Bagnasco trovò un'efficiente collaboratore in un giornalista genovese di nome Nino Pirito, in quegli anni prima direttore di Tvs (televisione locale... «odiata» da Arnaldo lui uomo Rai), poi redattore centrale del «Secolo XIX» con responsabilità negli spettacoli.
E fu proprio in questi mondi (Tv, radio, teatro, università) che Bagnasco crebbe per poi dare lui stesso contributi generosi allo sviluppo della cultura in città.
È Nino Pirito a ricordare quegli anni:
Quando e come nacque la tua amicizia con Arnaldo?
«Siamo alla fine anni Settanta, primi anni Ottanta, io ero direttore di Tvs, poi a Rete 4. Erano gli anni nei quali nasceva la Terza Rete Regionale Rai, e Arnaldo venne mandato a Genova come responsabile programmi Terza Rete. Siamo stati per tanti anni amici, con scontri anche violenti, ma sempre legati da stima reciproca. Mi dispiace di averlo perso di vista in questi ultimi anni. Della sua morte ho saputo da Minoli...».
Che tipo era Bagnasco?
«Un burbero benefico. Ripeto, mi dispiace di averlo frequentato poco in questi ultimi anni. Era davvero un tipo geniale. Ricordo quando volle fondare un'Associazione dal titolo Asce (Alla Sconfitta Con Entusiasmo). Sosteneva che dovevamo tutti vivere al disotto delle nostre possibilità. “Sottoviviamo”, era il suo motto».
Hai collaborato con molti suoi programmi televisivi...
«Il suo più bel programma fu “Mixer cultura”, con lui rimasi cinque anni. Piacevolissimi, ero spesso a casa sua a Roma. Inventò, con questo programma la “rissa fra intellettuali”. Ricordo la prima fra Sgarbi e Bonita Oliva, il critico d'arte. Ma debbo dire che Arnaldo fu un intellettuale vero, lavorò con Buazzelli, sceneggiò Ligabue. Era colto, ancorché umile, aveva un eloquio affascinante, piaceva alle donne, aveva il dono della parola. Mi affascinava, avevo con lui un ottimo rapporto umano».
Lo hai avuto anche come collaboratore al Secolo XIX...
«Sì, gli affidai una rubrica che durò dieci anni. Si intitolava “Zoom”, raccontava il mondo dello spettacolo, ma anche della città. Era di bello stile e molto curioso».
Più bravo come presentatore o scrittore?
«In Tv si sentiva sicuro, quando doveva scrivere era sempre in fibrillazione».
Un altro programma colto, fu «Tenera è la notte...».
«Sì, la registrarono a Napoli. Era un cenacolo di intellettuali, ascolti non tanti...».
Fu in quel programma che inventò il personaggio della «appassionata della materia», bellissima donna che non diceva una parola, ma acconsentiva sempre.
«Erano le sue geniali trovate... ma il programma più geniale fu “Aspettando”, diciannove puntate. L'idea iniziale fu che volevamo far ritornare in Tv grandi personaggi. Io pensai agli scomparsi della canzone. Guglielmi preferì personaggi dimenticati. E il primo fu Grillo. Disse Bagnasco: noi diciamo che lo stiamo aspettando, vedremo se arriverà. Andammo con la telecamera sotto le finestre di Beppe a S. Ilario, niente. Una sera mise fuori un fantoccino con la sua faccia. Ma il programma salì subito negli ascolti: Battisti ci minacciò di botte, Gaber venne, Celentano mandò un fax, Arbore telefonò. Insomma il successo non mancò».
Quanti ricordi ci riportano ad una Genova di anni culturalmente molto più proficui di oggi. Anni nei quali si cresceva con punti di riferimento culturali di alto livello, università, teatri, teatrini off (chi dimentica la Borsa d'Arlecchino), cinema d'essai, cineforum, gruppi di intellettuali che si riunivano (ricordate Padre Arpa, Arecco... che raggruppava l'intellighentia genovese). Ebbene Bagnasco (e con lui i vari Pirito, Viazzi, giovani attori come Solenghi, la Signoris, professori universitari) crescevano in questo scenario, scappava via per qualche anno, ma poi rientrava per dare un forte contibuto al rilancio della cultura della sua Genova.
Divenne anche presidente di Palazzo Ducale, ma i veri anni di Arnaldo Bagnasco non furono gli ultimi venti, ma quelli dell'Università, di via Balbi, di Rai Tre, degli incontri con gli amici intellettuali (più Paoli che Grillo, più lo Stabile che la Baistrocchi alla quale mai partecipò, più la Samp società di armatori che il Genoa squadra di operai...).
Un personaggio sicuramente affascinante.

Così come lo era quando scendendo da via Balbi (e non al «Cantinone» come ricordava Paolo Villaggio) declamava versi di Pascoli: «C'è qualcosa di nuovo oggi nel cielo, anzi d'antico...» e le belle studentesse sospiravano per lui...

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