A giudizio il writer Bros: prima volta

Daniele Nicolosi alla sbarra: "Il giudice deciderà se la nostra è arte". Ogni anno il Comune spende 35 milioni di euro per ripulire la città. Ma De Corato: "Accusarlo per soli due episodi è diseducativo"

A giudizio il writer Bros: prima volta

Milano - "Il paradosso è che potrebbe essere un giudice, in caso di mia assoluzione, a riconoscere la nostra arte, malgrado l’accanimento del Comune di Milano contro di noi". Daniele Nicolosi, 28 anni, in arte 'Bros', noto writer milanese che ha esposto le sue opere al Pac e a Palazzo Reale, si è presentato alla prima udienza del processo che lo vede imputato per imbrattamento di alcuni edifici della città. In realtà il writer è a giudizio per solo due episodi di "imbrattamento" sui 17 segnalati dalla polizia locale. Un "messaggio diseducativo" secondo il vicesindaco di Milano, Riccardo de Corato, che ha dato voce "all’insioddisfazione del Comune" costretto a sborsare 65mila euro per ripulire le "opere" del noto writer.

Il processo al writer Quello che si è aperto oggi davanti al giudice monocratico della sesta sezione penale di Milano è il primo processo in Tribunale a un writer, dopo la riforma del luglio 2009 che ha inasprito le pene per il reato di imbrattamento (articolo 639 del codice penale), facendo passare la competenza dai giudici di pace ai tribunali ordinari. "In altre città, come Amsterdam ad esempio - ha spiegato Nicolosi - la street art viene valorizzata e si danno spazi agli artisti per lavorare". A Milano, ha proseguito il writer, definito dall’ex assessore milanese Vittorio Sgarbi il 'Giotto moderno', "c’è un accanimento impressionante dell’amministrazione comunale contro di noi". Il Comune di Milano oggi, attraverso l’avvocato Maria Rosa Sala, si è costituito parte civile in qualità di "ente danneggiato", allegando una corposa documentazione. 

Le accuse contestate Nicolosi è accusato di aver imbrattato la sede di una società il 29 novembre 2007 (il titolare ha però rimesso la querela) e, in un periodo precedente, di aver realizzato graffiti sulle mura esterne del carcere di San Vittore, su una tettoia di una fermata della metro e su altri edifici del centro. I suoi legali, Giuseppe Iannaccone e Guido Chiarloni, hanno eccepito la nullità del capo di imputazione, non essendo specificati, a loro dire, alcuni degli edifici che sarebbero stati imbrattati. Per gli avvocati, inoltre, la competenza a decidere è del giudice di pace. Il processo è stato rinviato al 19 maggio. Secondo De Corato, infatti, la decisione del pubblico ministero di esercitare l’azione penale solo per "gli imbrattamenti alla tettoia della fermata della metropolitana di piazzale Lodi e del muro perimetrale della casa circondariale di San Vittore è una limitazione che non ci soddisfa per nulla".

I costi della street art La stessa prefettura di Milanoi aveva più volte invitato a essere più severi in modo da prevenire un reato costato all’Amministrazione dal 2006 ben 35 milioni di euro per costi di ripulitura e campagne antiwriter. La ripulitura della casa circondariale di Milano su una superficie di 500 metri quadri, è costata all’Amministrazione "quasi seimila euro". "Ma per i 17 episodi segnalati - ha spiegato De Corato - la stima dei costi di ripulitura è di oltre 65mila euro. Basti dire che per la sede dell’Aem di via Ceresio dove nell’agosto 2008 Amsa è intervenuta ripulendo il graffito che interessava 500 mq di muro, il costo dell’operazione è stato di oltre 7000 euro.

Spiace poi rilevare - ha concluso il numero due di Palazzo Marino - che Bros non verrà giudicato neppure per l’imbrattamento di uno stabile privato in piazza De Angeli, avvenuto nella notte del 29 novembre 2007. Ciò a causa di remissione di querela della proprietà. Un comportamento che non comprendiamo, visto che sono poi i cittadini i primi a lamentarsi del degrado degli edifici e dei quartieri".

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