Fiat, ultimatum al governo: gas scontato o andiamo via

La doppia faccia di Stellantis. Tavares mette sul tavolo condizioni capestro mentre Elkann tesse le lodi del premier: "È semplicemente buona politica"

Fiat, ultimatum al governo: gas scontato o andiamo via

A tutto gas. Chi pagherà il costo dell'energia per produrre automobili in Italia? Stellantis fa sapere che in gran parte toccherebbe allo Stato. Questo è il patto, ma la realtà certe volte fa a botte con la fantasia. Mickey Mouse fa la faccia buffa davanti alle Topolino elettriche, nessuno ha pensato di appiccicarci la targa 313 e non sono amaranto, ma screziate, arcobaleno, farfallose, color torta o stracciatella. Cinque modelli unici, speciali, da collezionare, per i cento anni della Disney e del Lingotto, quella fabbrica che sfornava modelli senza sosta ed era la più grande d'Europa. La Fiat, come si chiamava un tempo, adesso è soprattutto un immaginario, il solco di una storia che un passo alla volta è svaporata, come qualcosa da ricordare, con la nostalgia che cambia tono alle ombre e al sudore. Il futuro dell'automobile italiana assomiglia a un museo, fantasmagorico, colorato, spettacolare, da guardare con gli occhi della meraviglia. È la «madeleine» della famiglia Agnelli.

Questa è la Fiat, Stellantis è un'altra cosa. È una multinazionale, con il portafoglio in Francia e la testa in Olanda. Quando pensa all'Italia vede problemi. Non conviene produrre qui. Carlos Tavares, di mestiere amministratore delegato, lo dice in faccia a tutti a Torino: «Mi piacerebbe produrre più 500 a Mirafiori, ma i costruttori cinesi hanno un vantaggio competitivo del 30 per cento». Cosa chiedono i grandi colossi quando ti fanno il «favore» di produrre qualcosa da te? Ti snocciolano condizioni ineluttabili. È il mercato, bellezza. È quello che hanno fatto Tavares e John Elkann a luglio quando sono andati a parlare con «les italiennes» al governo. Si sono presentati con un piano di massima, scritto proprio da Stellantis, su come sostenere l'industria automobilistica italiana e magari pure l'indotto. La risposta è stata più o meno questa: non siamo la buca delle lettere. Non è solo un problema però di buone maniere. È che i modelli dai grandi numeri, le cosiddette utilitarie, Stellantis li produce in Francia, Polonia, Serbia, Marocco e qui da noi resta la Panda di Pomigliano d'Arco, ma la nuova uscirà dagli stabilimenti di Kragujevac (lo stesso della 500L) in Serbia. La speranza è che la vecchia resti in produzione fino al 2027, ma il domani non passa da Napoli. Il governo avrebbe chiesto qualche certezza in più. Stellantis dovrebbe produrre in Italia un milione di veicoli entro il 2027. Tavares ci ha pensato e ha aperto una lunga trattativa con Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. È cominciato così il percorso che porterà al tavolo di confronto previsto per il 6 dicembre. Ci sarà il ministro, le sette regioni dove ci sono fabbriche, Stellantis, i sindacati e l'Anfia, l'associazione che riunisce gli industriali dell'indotto. L'obiettivo principale è salvare posti di lavoro e dare una prospettiva a un settore delicato.

Stellantis si aspetta molto e chiede altrettanto. «Se si vuole migliorare la produttività - dice Tavares - bisogna rimuovere gli ostacoli lungo la strada». È così che mette sul tavolo tre condizioni. Il perno centrale è appunto quello dell'energia. Ci sono già rimborsi e incentivi, ma bisogna fare molto di più, una sorta di ulteriore statuto speciale per chi vede il mondo su quattro ruote. Tu fai profitti e lo Stato paga i costi fissi. È senza dubbio un buon affare. Poi c'è da far partire la solita rottamazione, per smaltire le auto vecchie e immaginare un mondo più «green». Fino a un certo punto, però. Non si esageri con i vincoli ambientali, perché la transizione ecologica ha un costo sociale. Se per esempio si vuole continuare a produrre la vecchia Panda a Pomigliano i vincoli europei dell'Euro 7 vanno sospesi. Tavares ci tiene a dire che sono consigli, amichevoli. Il presidente Elkann sottolinea che il dialogo è aperto e plaude al governo Meloni. «È stata chiamata concordia istituzionale, per altri è pragmatismo, ma forse la si può definire, più semplicemente, buona politica».

Il milione di veicoli è la grande promessa. Non importa che sotto ci sia un piccolo trucco, perché in realtà si parla anche di furgoni, camion e affini. Le auto prodotte al momento da Stellantis sono circa 500mila e se ci aggiungi il resto si arriva a oltre 800mila. Il milione alla fine non è molto lontano. Non è solo questo però il problema. Stellantis è una multinazionale con uno Stato dentro (Parigi e Peugeot possiedono insieme il 13,2%) e qui sta l'anomalia: nonostante a Exor (la holding di Elkann) faccia capo la quota maggioritaria (il 14,3%) è chiaro a tutti chi comanda, dove è il cuore dell'impero. Romano Prodi lo ha scritto più volte: l'Italia è la provincia, e come tale viene trattata. Del resto, questa cruda verità emerge dai numeri. A fronte di 6 milioni di veicoli prodotti da Stellantis nel 2022, solo una porzione modesta è stata realizzata nel nostro Paese, perlopiù auto di nicchia, contro le assai più ricche produzioni di Polonia, Turchia e Spagna.

Sarebbe questa la fusione «alla pari» tanto sbandierata al tempo del matrimonio con Peugeot? E adesso la proposta di un Patto che, alla luce dei grandi numeri citati, somiglia tanto a una elemosina, per di più in massima parte sostenuta da contributi di Stato.

Parigi val bene una messa?

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