Andrà avanti così fino alle elezioni Europee di giugno. Una guerriglia sottotraccia e itinerante, con due campi di battaglia speculari. Uno in Italia, l’altro in Europa. Nel primo il braccio di ferro oggi è sulla manovra ma domani chissà, nel secondo la partita è ben più complessa e coinvolge non solo il dossier immigrazione ma anche le alleanze a Bruxelles e poi, dopo il voto, la nomina dei futuri vertici dell’Ue (Parlamento, Consiglio e sopratutto Commissione). Un appuntamento al quale si arriverà con Giorgia Meloni e Matteo Salvini reduci da mesi di campagna elettorale permanente. Una corsa parallela, ma con grandi distanze.
Il leader della Lega ha in mente un doppio tour, in chiave italiana ed europea. Il primo si chiamerà «L’Italia dei sì», istituzionale e dedicato a una platea qualificata per raccontare come il lavoro del Mit (non solo sul Ponte di Messina, ma anche sulla Tav o sul valico del Brennero) «cambierà il futuro del Pese». Un percorso in cui Salvini immagina anche tappe oltreconfine alla ricerca di investitori (la prima potrebbe essere Barcellona). Il secondo tour sarà invece elettorale, condiviso con gli alleati di Identità e democrazia (il gruppo che a Bruxelles tiene insieme la Lega, il Rassemblement national di Marine Le Pen e l’ultradestra di Alternative für Deutschland). Il leader del Carroccio vorrebbe aprire le danze in Italia, magari a Milano (in alternativa Firenze o Bologna) con un appuntamento in cui riunire Lega, Rn e Afd e chiunque «sia pronto a dire “no” ad eventuali alleanze con i Socialisti». Invito formalmente aperto a Fdi e Forza Italia, che - evidentemente - non parteciperanno. Non la politica ma la matematica, infatti, dicono che sarà quasi impossibile eleggere il prossimo presidente della Commissione Ue senza i voti di S&D. Circostanza di cui è ben consapevole Antonio Tajani, come pure Meloni (che da presidente del Consiglio di un Paese G7 certo non può permettersi di votare contro).
Insomma, l’appuntamento italiano di Id rischia di essere un passaggio piuttosto sensibile.
Anche perché l’idea di Salvini è di metterlo in agenda a metà dicembre, quando - sarà certamente un caso - a Roma è in programma Atreju, storica kermesse di Fdi. Intanto, un assaggio del clima che si respirerà alla prima convention congiunta Lega-Rn-Afd lo si avrà il 13 ottobre, sempre a Roma, quando si riuniranno i movimenti giovanili dei partiti che fanno parte di Identità e democrazia.
Sull’altro fronte, si muove anche la macchina di Fratelli d’Italia. Meloni, che a differenza di Salvini deve tenere conto anche dei vincoli che le impone la sua carica istituzionale, non farà mancare tappe italiane alla sua agenda, soprattutto nella primavera del prossimo anno. Mentre a Bruxelles i vertici dei Conservatori e riformisti - il gruppo in cui milita Fdi - stanno già ragionando anche loro su una serie di appuntamenti comuni in giro per l’Europa. La definizione va un po’ a rilento, ma solo perché i polacchi del Pis (con 24 eurodeputati, il partito di Jarosław Kaczynski è oggi l’azionista di maggioranza di Ecr) sono alle prese con la campagna elettorale interna (in Polonia si vota il 15 ottobre).
Insomma, la prospettiva è quella di una rincorsa continua. Anche se Salvini assicura che il clima è ottimo e che alcune uscite dei suoi (vedi quella del vicesegretario Andrea Crippa) sono solo «incidenti di percorso». E pure sulle richieste di stanziamenti per il Ponte, spiega, non c’è alcun intento polemico. Allo stesso modo, Meloni fa filtrare che non esiste alcuna conflittualità.
Anche se poi, con alcuni big di Fdi,
la premier si raccomanda di non alimentare polemiche, perché «i nostri elettori non amano le divisioni». E, spiega un ministro di Fratelli d’Italia, «basta guardare i sondaggi per capire che Giorgia ha ragione da vendere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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