Dopo undici anni, il Guercino è tornato a casa, nella sua Cento, dove la Pinacoteca Civica è diventato il museo con la maggior concentrazione al mondo di opere dell'artista seicentesco campione della pittura degli affetti. A maggio del 2012, due scosse di terremoto colpirono l'Emilia-Romagna: le immagini di Mirandola le ricordiamo tutti. Cento è a una manciata di chilometri dall'epicentro del sisma e fu colpito duramente anche nei suoi simboli (inagibili il Comune, il Teatro, la Pinacoteca). Oggi Cento - una piazza, tanti portici, 35mila abitanti e un sindaco millennial eletto in una lista civica - porta ancora qualche ferita del passato, ma si prende la rivincita. La Pinacoteca Civica è risorta negli ultimi due anni grazie a un complesso lavoro di messa in sicurezza antisismica che, accompagnato da un nuovo allestimento, ha trasformato quello che era un semplice museo locale nella «Pinacoteca il Guercino», sede anche del Centro Studi Internazionale a lui dedicato. Il costo dell'operazione è sui 4 milioni: la maggior parte arriva dal finanziamento per la ricostruzione post sisma stanziato dalla Regione, con un contributo di circa un milione da parte del ministero della Cultura, utile a realizzare l'elegante allestimento dei due piani dove ora ci sono luci adeguate alle opere, pareti color carta da zucchero che riprendendo il cielo dipinto da Guercino, didascalie appropriate, un percorso di visita a tutti accessibile.
Guercino, che a Cento nacque l'8 febbraio del 1591 in quella chiesa di San Biagio nel cui archivio parrocchiale è ancora conservato l'atto di battesimo, è tornato a casa dopo lunghi anni in cui le sue pale d'altare e tavole sono state alloggiate altrove (alcune in un caveau a Bologna, altre al Palazzo Ducale di Sassuolo) o hanno fatto il giro del mondo. A proposito: nel biennio 2024/25 sono in agenda due grosse esposizioni a lui dedicate, una alla Galleria Sabauda di Torino, l'altra alle Scuderie del Quirinale.
Nella rinnovata Pinacoteca di Cento possiamo ora ammirare 16 enormi pale d'altare, una ventina di affreschi staccati e una dozzina di disegni e quel che li accomuna è la capacità di incantare il nostro occhio contemporaneo. Lorenzo Lorenzini, direttore della Pinacoteca, spiega: «Guercino è pittore di gesti, di sguardi, di affetti. Oggi ci colpiscono le mani, i moti dei protagonisti, le loro occhiate, ma già all'epoca era apprezzato per il contrasto di luci e ombre, per le grandi macchie di colore. Il suo successo sta tutto in una pittura emotiva».
Giovanni Francesco Barbieri (1591-1666) detto il Guercino per uno strabismo notevole che lui faceva derivare da un grosso spavento alla nascita, è un autodidatta: nella prima sala della Pinacoteca troviamo un affresco strappato di Madonna con Bambino che, secondo la leggenda, fece a 8 anni sul muro di casa. È significativamente esposto accanto a una pala di Ludovico Carracci, «l'alfabeto della pittura di Guercino», dice Lorenzini. Dall'artista bolognese mutua infatti il gusto per un'arte che deve scuotere il cuore e Carracci lo ricambia con pubblici apprezzamenti («dipinge con somma felicità d'invenzione», scrive in una lettera a Ferrante Carli, erudito e umanista del tempo). Che Guercino - riportiamo ancora le parole del Carracci - fosse «gran disegnatore e felicissimo coloritore» lo vediamo bene nella sala 9, la più sorprendente del percorso: qui, uno accanto all'altro, ci sono capolavori come La cattedra di San Pietro, la delicata Madonna della Ghiara (le cui vetrate alle finestre sono forse uno dei punti più alti della pittura del Guercino), la Madonna con Bambino Benedicente e l'enorme Cristo risorto che appare alla madre che fu ammirato, dicono le cronache, anche da Velázquez, nei mesi in cui soggiornò a Modena, ospite della corte degli Este. Se al piano terreno della Pinacoteca si ricostruisce tutto il tessuto storico e culturale della città (a partire dal gonfalone, su cui spicca un gamberetto perché qui, secoli fa, il Reno si divideva in infiniti e pescosi canali), è al primo piano che seguiamo il Guercino nei suoi esordi a Cento, nel successo a Bologna e anche nella parentesi romana, chiamato a lavorare dall'emiliano papa Ludovisi. Dall'Urbe Guercino scappò presto: era un tipo molto pio e altrettanto schivo, mai si sposò né ebbe figli. Restò priore della Confraternita del Santissimo Rosario di Cento anche quando la sua bottega era stabile a Bologna.
Sul suo lavoro «di bottega», la Pinacoteca di Cento si sofferma, e a ragione, parecchio: i lavori esposti raccontano di un artista-imprenditore per il quale l'arte è una sorta di religione e di certo un affare di famiglia (il fratello era il contabile del gruppo, il cognato e i nipoti lavoravano per lui), attento a diffondere il più possibile le sue creazioni anche grazie a copie certificate.
Se oggi le sue opere vanno in asta a prezzi notevoli (6/800mila euro per una tavola di media grandezza), il Guercino già in vita è stato un brand: parenti ed eredi indiretti camparono a lungo sulla sua produzione e chiusero bottega solo un secolo dopo la sua morte.
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