"Farò di tutto per liberarli". La promessa di Netanyahu alle famiglie degli ostaggi di Hamas

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha diffuso una dichiarazione video in cui afferma di ascoltare "le grida delle famiglie degli ostaggi che hanno perso ciò che avevano di più caro"

"Farò di tutto per liberarli". La promessa di Netanyahu alle famiglie degli ostaggi di Hamas
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Benjamin Netanyahu sta attraversando giorni di fuoco. La pressione dell'opinione pubblica di Israele sul suo governo, accusato di non fare abbastanza per liberare gli ostaggi ancora tenuti prigionieri da Hamas nella Striscia di Gaza, si somma all'insofferenza che starebbe ormai iniziando a montare anche nei corridoi della Casa Bianca. Non è un caso che i media statunitensi abbiano diffuso l'indiscrezione secondo cui Washington potrebbe entrare in campo e trattare direttamente con il gruppo filo palestinese per cercare di liberare, quanto meno, i prigionieri americani. Il premier israeliano ha intanto appena rilasciato una dichiarazione video in cui afferma di sentire "il pianto delle famiglie degli ostaggi che hanno perso ciò che hanno di più caro". "Io e mia moglie - ha dichiarato dopo la pubblicazione di una registrazione in cui si sente il padre di un ostaggio ucciso da Hamas rimproverarlo - partecipiamo a incontri strazianti che lasciano il cuore a pezzi. Io sento, ascolto, non giudico e faccio tutto il possibile per riportare gli ostaggi e vincere la guerra".

La promessa di Netanyahu sugli ostaggi

Proprio oggi era emerso il contenuto di una tesa conversazione tra Netanyahu e il padre di Ori Danino, 25 anni, preso in ostaggio dai terroristi di Hamas il 7 ottobre. Ori, dopo aver aiutato diversi partecipanti al festival Supernova a fuggire, era tornato per mettere in salvo altri partecipanti quando è stato rapito da Hamas. Per quasi un anno, la sua famiglia ha sperato in un suo ritorno. Danino è stato tenuto in ostaggio da Hamas per 11 mesi ed è stato ucciso la scorsa settimana, insieme ad altri cinque ostaggi. "Lei ha costruito il tunnel dove mio figlio è stato ucciso durante il suo mandato", ha detto il rabbino Elhanan Danino a Netanyahu in una conversazione andata in onda su Kan Radio. La sua accusa ha messo in luce la stessa accusa rivolta da molti in Israele alla leadership del Paese, considerata incapace di affrontare la minaccia rappresentata da Hamas.

Hamas ha nel frattempo avvertito che gli ostaggi che sono ancora nelle sue mani a Gaza dall'attacco del 7 ottobre "non vedranno la luce del sole" se il primo ministro israeliano, non accetterà l'accordo di cessate il fuoco proposto dalla Casa Bianca. "Se Netanyahu non sarà messo sotto pressione e costretto a rispettare quanto concordato, i prigionieri dell'occupazione non vedranno la luce del sole", ha detto Izzat al-Rishq, un alto funzionario della fazione palestinese, che ha insistito sul fatto che "tutti sanno che sono Netanyahu e il suo governo nazista ad impedire un accordo". L'esponente di Hamas, citato dal giornale Falastin, ha quindi insistito sul fatto che le richieste del gruppo per una "cessazione permanente dell'aggressione" e un "ritiro totale" dell'esercito israeliano da Gaza "sono chiare". "Noi mettiamo in guardia dal considerare le nuove condizioni di Netanyahu, dato che si ritornerebbe al punto di partenza", ha aggiunto.

Una corsa contro il tempo

Lo scorso 7 settembre, mezzo milione di manifestanti - secondo gli organizzatori - hanno partecipato alle proteste di Tel Aviv contro il governo israeliano, per la tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Altre decine di migliaia di persone hanno manifestato a Gerusalemme, Haifa, Kfar Saba. A Tel Aviv, hanno urlato gli slogan e sventolato le bandiere davanti al quartier generale dell'IDF, a Gerusalemme davanti alla casa di Netanyahu. Secondo quanto riportato dai media israeliani, migliaia di persone hanno protestato anche in città più piccole come Beersheba, Netanya e Rishon Lezion. Anche l'ex capo di stato maggiore dell'esercito israeliano, Moshe Yaalon, ha partecipato alla manifestazione di Rehovot, mostrando un cartello in cui si leggeva: "Finchè non tornano a casa, noi siamo per strada".

"Stiamo facendo ogni sforzo per riportarli indietro vivi... Spero che ci riusciremo il più possibile, ma non posso impegnarmi.

Non commetterò un suicidio collettivo per questo", ha affermato nei giorni scorsi il ministro della Finanze israeliano e leader di estrema destra Bezalel Smotrich, sostenendo che "non c'è alcun accordo sul tavolo". Quanto alle vaste proteste antigovernative sono "esattamente ciò che vuole Hamas", ha aggiunto.

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