Guerra a Gaza, la svolta di Hamas: "Pronti a tregua senza nuove condizioni"

I terroristi sarebbero pronti ad accettare un accordo basato sulla proposta presentata dal presidente Biden a luglio

Guerra a Gaza, la svolta di Hamas: "Pronti a tregua senza nuove condizioni"
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Possibile svolta in Medio Oriente. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, che ha citato un comunicato di Hamas, l’organizzazione terroristica sarebbe disponibile ad attuare un cessate il fuoco “immediato” con Israele sulla base della proposta di accordo avanzata dal presidente americano Joe Biden giugno e senza chiedere nuove condizioni

La posizione del gruppo islamista è stata espressa durante un incontro tra la delegazione dei terroristi guidata dall’altro funzionario Khalil al-Hayya, il primo ministro del Qatar Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani e il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel a Doha. Nel corso di questo faccia a faccia, i rappresentanti di Hamas hanno ribadito la loro "continua positività e flessibilità" nel raggiungere un accordo con lo Stato ebraico, ma hanno anche sottolineato la necessità del ritiro delle Idf dall'intero territorio della Striscia.

La spiegazione di questo cambio di passo da parte dell'organizzazione terroristica potrebbe risiedere nelle condizioni in cui versa Hamas a Gaza. Mercoledì 11 settembre, il ministro della Difesa israliano Yoav Gallant ha reso pubblica una lettera che, stando a quanto dichiarato, sarebbe stata scritta dal comandante della brigata di Khan Younis Rafa’a Salameh, ucciso dalle Idf a luglio, e indirizzata al leader del gruppo Yahya Sinwar e al fratello Muhammad. Nella missiva, il defunto alto ufficiale islamista avrebbe chiesto al suo leader di "cosiderare questo: conserviamo quanto rimane del nostro equipaggiamento, ma abbiamo perso il 90-95% delle nostre capacità missilistiche; abbiamo perso il 60% delle nostre armi personali; abbiamo perso il 65-70% dei nostri lanciatori anticarro e dei razzi".

Il passaggio più importante, però, è quello successivo. "Abbiamo perso almeno il 50% dei nosti combattenti tra i martirizzati e i feriti e ora siamo rimasti con il 25%", avrebbe scritto Salameh mesi fa. "Il rimanente 25% dei nostri è arrvvato a un punto in cui la gente non li tollera più, spezzata a livello mentale o fisico". Un quadro decisamene complesso, dunque, quello in cui verserebbe Hamas a tutti i livelli dopo quasi un anno di combattimenti nella Striscia di Gaza.

La sua leadership è stata sterminata da attacchi mirati degli israeliani e il cerchio si sta stringendo sempre di più attorno a Yahya Sinwar, l'ultimo dei priority target di Tel Aviv ancora in vita. La situazione non è comunque semplice dall'altro lato del fronte.

Il governo di Benjamin Netanyahu, infatti, è sotto una forte pressione da parte del popolo dello Stato ebraico, familiari degli ostaggi in testa, per raggiungere un accordo con i terroristi per la liberazione di tutti coloro che si trovano ancora nelle mani di Hamas. Le strade di Tel Aviv e di altre città di Israele sono state infiammate da proteste contro l'esecutivo, mentre a Nord si profila una guerra contro gli Hezbollah.

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