Stamani alle 11,30 a Tel Aviv, al ministero della Difesa, verrà annunciato che Israele si rimbocca le maniche, forma un governo di coalizione con un gabinetto di guerra cui tutti partiti, salvo sorprese, parteciperanno. Netanyahu l'ha spiegato ieri sera con un drammatico comunicato denunciando non solo l'eccezionale gravità di quello che Israele ha attraversato, ma disegnando un vasto scenario di guerra in cui l'organizzazione terrorista deve essere annullata, e «ricorderà quel che ha fatto per molti anni». Ma ha accennato anche al riscaldamento del fronte con gli Hezbollah, e anche al fatto che gli Stati Uniti agiscono in queste ore con solidarietà armata verso Israele.
È il segnale che questa che si sta combattendo è una battaglia per la sopravvivenza: non solo di Israele, ma di tutto il mondo civile come lo conosciamo. Israele affronta da 75 ani il suo difficile destino per garantire che nessuno possa mai più sognarsi di fare degli ebrei un popolo minacciato di morte; rappresenta la vittoria del mondo civile sul nazismo dopo la Shoah. Israele vive, per far sì che il popolo ebraico possa dopo secoli di oppressione usare la sua creatività, sviluppare scienza e cultura in pace, vivere. Non essere perseguitati, ammazzati. Tutto ciò è scosso alle fondamenta in queste ore: è la prima volta, dai tempi della Shoah, che in un solo giorno il popolo ebraico vede l'attacco, il pogrom, la deportazione, l'uccisione selvaggia, la mutilazione di tanti cittadini uno a uno, solo perché ebrei. Proprio come ai tempi delle persecuzioni nazifasciste.
Anche alla sua fondazione Israele ebbe alcuni giorni di sconfitta: nel 1948 nel Gush Etzion, gli ebrei subirono una strage di 250 persone. Il veloce recupero ha consentito di fondare lo Stato. Adesso, come può recuperare Israele quasi mille morti e tremila feriti in un giorno? Come può restituire non solo sicurezza ai cittadini, ma anche dare al mondo la certezza che Israele è un investimento sicuro in stabilità, scienza, forza?
Fra le lacrime la gente chiede dove erano gli elicotteri quando i terroristi giravano liberamente sui prati dei kibbutz. Perché non gli hanno sparato? Dove erano le forze militari e di polizia per i ragazzi in fuga dal party, decimati in ore di caccia mostruosa? Il numero dei morti e dei rapiti racconta una storia irracontabile per lo Stato di Israele, Tzahal, le forze aeree e di sicurezza. E dall'altra parte, l'inestinguibile sete di sangue ebraico da parte dei vicini cui nel 2005 si è consegnata la Striscia, usata poi per costruire missili e attentati.
«Ciò che è stato, non esisterà», ha detto Netnayahu. La strada evidente è distruggere Hamas, pagando il prezzo di un sempre esecrato ingresso di terra, sanguinoso e impopolare all'estero. Ma i rapiti? La disperazione delle famiglie è stata onorata con la nomina di un responsabile per la loro sorte di altissimo profilo come il brigadiere generale Gal Hirsch: ma è chiaro che l'importanza sempre attribuita da Israele a ogni ostaggio qui si scontra con una realtà che invoca una soluzione definitiva. Si dovranno chiudere i passaggi, distruggere le gallerie, i depositi di armi piazzati fra le case, i centri di Hamas. Israele deve fermare Hamas che ancora spara missili e manda terroristi. Da Nord Hezbollah si è fatto sentire forte: l'Iran è sullo sfondo e anche nel futuro di questa guerra, ancora decide se giocare tutta la partita.. Se Israele non esce da questa situazione con un messaggio che stabilisca la fine di Hamas e obliteri la trama con Iran e Hezbollah, avremo un fronte di guerra mondiale.
Israele è cruciale come l'Ucraina. Al consiglio di sicurezza la Russia ha bloccato la condanna di Hamas. Tzahal non può che entrare a tutta forza, distruggere le strutture di comando di Hamas, insegnando al mondo che uccidere gli ebrei oggi non si può. Hamas deve essere obliterata prima che si aprano altri fronti.
Il fronte interno si spaccherà sulla trattativa che in queste ore è in mano all'Egitto, ma è chiaro che il primo imperativo è spodestare Sinwar, Hanye, Deif. Al mondo, la grande sfida di ricordare la barbarie cui ha assistito e attribuirla alla sua propria malattia che gli è stata quasi mortale: l'antisemitismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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