"Uccisa in un raid di Israele": l'ultimo sfregio di Hamas alla soldatessa Noa Marciano

La 19enne serviva come sentinella nel kibbutz di Nahal Oz. L'esercito ha confermato il decesso poche ore dopo la diffusione del video di Hamas

"Uccisa in un raid di Israele": l'ultimo sfregio di Hamas alla soldatessa Noa Marciano
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Noa Marciano è morta. La soldatessa israeliana 19enne prestava servizio come sentinella nel kibbutz Nahal Oz ed è stata rapita dai terroristi di Hamas durante gli attacchi del 7 ottobre. Il suo decesso è stato confermato dall’esercito dello Stato ebraico la mattinata del 14 novembre.

Poche ore prima le brigate al-Qassam hanno diffuso un video in cui la ragazza dichiara le sue generalità e dichiara di trovarsi a Gaza da quattro giorni, il che significherebbe che il girato risale all’11 ottobre. “Ci sono altri ostaggi e possiamo essere uccisi dai missili. Le esplosioni sono molto vicine a noi. Per favore, fermatevi”, dice la giovane nel video, leggendo un copione preparato dai terroristi. Alla fine del filmato, vi sono tre fermo-immagine del cadavere di Noa che, secondo Hamas, “è stata uccisa dai bombardamenti israeliani”. I media dello Stato ebraico hanno deciso di non diffondere il video e l’esercito lo ha definito “terrorismo psicologico”. Le autorità militari, prima di dichiarare il decesso della giovane, hanno espresso vicinanza alla famiglia di Noa e sottolineato il fatto che “Hamas continua a usare il terrorismo psicologico e ad agire in modo disumano, inviando video e fotografie di prigionieri, come già in passato”.

Non è la prima volta dal 7 ottobre che Hamas dichiara che alcuni dei 240 ostaggi siano stati uccisi a seguito dei pesanti raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza. Il 26 ottobre, i terroristi avevano sostenuto che ben 50 prigionieri fossero morti a causa delle bombe di Tel Aviv. Questo, però, è il primo caso in cui vi sono immagini e un nome. Le stime proposte dal movimento palestinese, però, non devono essere prese in seria considerazione, poiché non tutti gli ostaggi sono in mano ad Hamas. I terroristi, per loro stessa ammissione, non sanno dove siano tenute nascoste le persone che, ad oggi, sono ancora nelle grinfie di movimenti minori, come la Jihad islamica palestinese.

La scelta di pubblicare il video mercoledì 14 novembre, inoltre, non è stata casuale. In mattinata, infatti, il Washington post ha citato un alto funzionario israeliano, secondo cui Tel Aviv e Hamas erano vicini ad un’intesa per la liberazione di tutte le donne e i bambini tenuti prigionieri nella Striscia di Gaza. Poche ore dopo, però, i terroristi hanno smentito, dichiarando che lo Stato ebraico “blocca le trattative sugli ostaggi”.

Quest’accusa e il video, dunque, sembrano essere parte della campagna di guerra psicologica con cui Hamas vuole indebolire il governo israeliano, sobillando i parenti delle persone rapite contro il primo ministro Benjamin Netanyahu per la sua apparente incapacità di salvare i loro familiari detenuti ormai da più di un mese.

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