I dubbi dei familiari degli ostaggi israeliani: perché l'attacco a Gaza può costar loro la vita

In Israele i familiari delle persone prese in ostaggio a Gaza hanno scritto una lettera al governo: "Nessuno ci ha spiegato con chiarezza la situazione"

I dubbi dei familiari degli ostaggi israeliani: perché l'attacco a Gaza può costar loro la vita
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Con oggi sono 21 i giorni che le oltre 200 famiglie degli ostaggi israeliani non vedono i propri cari. Esattamente tre settimane fa Hamas attuava nel sud di Israele il più grave attacco contro lo Stato ebraico culminato con la morte di oltre mille civili e con atrocità difficilmente immaginabili alla vigilia. Tra gli atti più barbari perpetuati dall'organizzazione islamista, ci sono proprio i rapimenti di persone trascinate via dalle proprie case e portate a Gaza.

Le immagini dei bombardamenti di venerdì e le notizie sulle prime incursioni dell'esercito israeliano all'interno della Striscia, hanno reso l'ultima notte trascorsa quella più lunga per i loro parenti. Preoccupati per l'incolumità dei cari e per le intenzioni, secondo loro non chiaramente espresse, da parte del governo israeliano.

La nota dei familiari dei rapiti

I familiari hanno così deciso di scrivere una nota in cui esprimere tutte le proprie ansie. Impegnati in diversi incontri internazionali per sensibilizzare governi e cittadini sull'importanza di un'azione per garantire il ritorno a casa di chi è stato rapito, nelle scorse ore il loro sguardo è tornato a rivolgersi unicamente verso Gaza.

"Abbiamo trascorso una notte con grande ansia - si legge nella nota - Questa notte è stata la peggiore di tutte le notti". Le immagini di una Gaza sotto il fuoco, hanno scosso e non poco tutti coloro che hanno almeno un affetto nelle mani di Hamas all'interno della Striscia. "È stata una notte bianca e lunga - prosegue infatti la lettera - sullo sfondo della grande operazione dell'Idf nella Striscia di Gaza e della completa incertezza sulla sorte dei rapiti che sono trattenuti lì e sono anche soggetti a pesanti bombardamenti".

Da qui poi, una velata ma non nascosta critica al governo guidato da Benjamin Netanyahu. "Ansia, frustrazione e soprattutto rabbia enorme - hanno scritto ancora i familiari - perché nessuno del gabinetto di guerra si è preso la briga di incontrare le famiglie dei rapiti per spiegare loro una cosa: se l'operazione di terra mette in pericolo la sicurezza dei 229 rapiti a Gaza".

"Ogni minuto che passa sembra un'eternità - si legge nella parte finale della nota ripresa anche dai media israeliani - Chiediamo al ministro della Difesa Yoav Galant e ai membri del Gabinetto di Guerra di incontrarci questa mattina!".

La questione degli ostaggi agita Israele

Nello Stato ebraico la vicenda legata alle persone rapite a Gaza è molto importante. Nella storia israeliana, più volte si è assistito a una generale mobilitazione per portare anche un solo ostaggio a casa. Dentro la Striscia di ostaggi ne sono presenti oltre 200. Per Hamas è un'occasione per mettere pressione al governo israeliano, ben consapevole che non solo i familiari ma l'intera opinione pubblica non accetterà l'idea di veder sacrificate le persone rapite per avviare l'operazione di terra.

Non a caso nei giorni scorsi, dopo la diffusione del video che ritraeva una ragazza israeliana di 19 anni nelle mani di Hamas, il portavoce dell'Idf Daniel Hagari ha parlato di terrorismo psicologico. Netanyahu è adesso tra due fuochi: da un lato deve dare dimostrazione di forza dopo il brutale attacco del 7 ottobre,

dall'altro sa di dover attivarsi per far tornare a casa le persone rapite. Un nodo non semplice da sciogliere, sapendo che ogni raid su Gaza rischia di mettere a repentaglio l'incolumità di chi è ancora nelle mani dei terroristi.

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