Poco prima dell'alba del 7 ottobre, nessuno dei miliziani di Hamas coinvolti nell'assalto ai kibbutz israeliani sapeva che quello sarebbe stato il giorno scelto per l'attacco. A tutti i membri del gruppo islamista è stato detto semplicemente di presentarsi nelle moschee abitualmente frequentate per le preghiere del mattino. Erano ancora le 4, da lì a breve il Medio Oriente avrebbe vissuto una delle giornate più tese della sua turbolenta storia.
Gli ordini impartiti a poche ore dall'assalto di Hamas
A svelare alcuni importanti retroscena del 7 ottobre è stato il Guardian. In particolare, il quotidiano britannico ha attinto da fonti dell'intelligence israeliana ma anche dalle dichiarazioni messe negli archivi dei terroristi palestinesi interrogati dalla polizia dello Stato ebraico. Un insieme di indizi e indicazioni che hanno permesso di ricostruire le ore immediatamente precedenti agli assalti di Hamas.
Alle 4 del mattino a Gaza si respira ancora un'atmosfera di normalità: mentre la città dorme, i miliziani del movimento islamista ricevono le prime indicazioni tramite i social. Molti di loro in quel momento si apprestano a svegliarsi perché frequentatori abituali delle prime preghiere del mattino. E il primo ordine è proprio quello di recarsi nelle moschee, normalmente e senza particolari problemi. Potrebbe sembrare un ordine poco chiaro, ma secondo il Guardian questa comunicazione ha una duplice finalità: da un lato radunare tutti i combattenti dentro i luoghi di culto, in modo da impartire lì ordini da divulgare con il passaparola, metodo più sicuro per evitare eventuali intercettazioni; dall'altro, non dare troppo nell'occhio, evitare sospetti generabili da una minore frequentazione delle moschee da parte di chi deve compiere gli attacchi.
A impartire questo primo ordine alle 4 sono due personaggi chiave della vicenda: Yahia Sinwar, leader di Hamas nella Striscia di Gaza, e Mohamed Deif, responsabile militare delle Brigate Qassam. Solo loro due e pochi altri a Gaza sanno che quello è il giorno prescelto per l'assalto contro Israele. Fuori dalla Striscia, ad attendere l'evoluzione della situazione sono poi i massimi leader politici di Hamas, seduti nelle loro lussuose stanze di hotel a Doha.
Ma i miliziani e i quadri intermedi dell'organizzazione sanno poco e nulla. Qualcosa inizia a trapelare alle 5, quando i combattenti sono in moschea. Qui inizia il passaparola sulle armi da trasferire in appositi punti di raccolta. I militanti e i comandanti si dirigono quindi verso le zone individuate, dove ricevono sempre oralmente altri ordini. Sono quelli definitivi: ogni singolo miliziano, si parla di almeno tremila uomini di Hamas impegnati nell'operazione, capisce di prendere parte a una vasta operazione e che non si è davanti ad alcuna esercitazione. Si preparano le squadre preposte all'azionamento dei droni, gli stessi che colpiranno le guardie israeliane. Poi ci sono coloro che devono entrare nei kibbutz e prendere quanti più ostaggi possibili. Infine ci sono i combattenti chiamati a intervenire nel momento dell'arrivo dei soldati israeliani.
Il rave di Re'im non era tra gli obiettivi
Scattata l'ora X, parte quindi il tragico piano di Hamas. Su questa ricostruzione, come ammesso dallo stesso Guardian, non mancano perplessità. Se da un lato è vero che l'organizzazione islamista era da tempo in fase di preparazione dell'attacco, dall'altro però il segreto tenuto fino alla fine sulla data dell'assalto fa sorgere dubbi su come Hamas sia riuscita nel giro di due o tre ore a radunare velocemente tutte le sue squadre per dare l'assalto al territorio israeliano.
Tuttavia, è anche vero che forse è stata proprio quest'aurea di segretezza alla base del successo dell'azione. Gli ordini impartiti oralmente e il richiamo a non dare nell'occhio, continuando a frequentare le abituali moschee, hanno contribuito a non destare sospetti e a non mettere in allerta l'esercito israeliano.
Nelle tasche dei palestinesi arrestati sono stati ritrovati, tra le altre cose, i pizzini con le indicazioni e le mappe dove colpire. Hamas però sta provando a far passare l'idea che le atrocità nei kibbutz sono state effettuate da singoli civili che si sono aggregati ai combattenti. Ad ogni modo, sembra che il luogo simbolo della strage non fosse stato preso in considerazione prima dell'assalto.
Il parco dove si stava svolgendo infatti il festival della musica di Re'im, dove sono morti più di 250 tra ragazze e ragazzi, non figura in alcune delle mappe distribuite ai terroristi. Forse, una volta planati e arrivati casualmente nel luogo della strage, i militanti hanno deciso di sparare contro tutti i civili lì presenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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