L'azienda di Taiwan, la fabbrica ungherese, i mediatori egiziani: le piste che portano ai cercapersone di Hezbollah

Come è stato possibile far saltare contemporanemente centinaia di cercapersone in Libano? Le ragioni tecniche e l'ipotesi manomissione: una lunga catena di misteri dall'Asia al Medio Oriente, passando per l'Europa

L'azienda di Taiwan, la fabbrica ungherese, i mediatori egiziani: le piste che portano ai cercapersone di Hezbollah
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Migliaia di cercapersone che esplodono all'unisono: man mano che passano le ore dall'attacco ai pager di Hezbollah, si infittisce il mistero su come sia stato possibile manomettere centinaia di dispositivi e farli esplodere da remoto. Dal livello di pervasività necessario per portare avanti quest'operazione dipenderanno molti dettagli: non solo la possibile reazione dei proxy filoiraniani, ma anche un riallineamento necessario dovuto all'enorme falla nel sistema che ha reso vulnerabile i miliziani.

Nel complesso gioco internazionale, un funzionario Usa ha dichiarato che Israele ha informato gli Stati Uniti al termine dell'operazione, ma l'esercito israeliano si è rifiutato di commentare. Un duro colpo per il gruppo terroristico sostenuto dall'Iran. "Nel giro di un minuto, il nemico è riuscito a infliggere uno dei suoi peggiori colpi a Hezbollah dall'inizio del conflitto", ha dichiarato il portavoce dei miliziani, aggiungendo che "il nemico ha spinto la resistenza fuori dai confini delle tradizionali regole di ingaggio. Stiamo affrontando una nuova situazione". Chi ha tradito, dunque, il "Partito di Dio"?

Procediamo con ordine: è stata dapprima la Cnn a verificare e identificare filmati e fotografie, risalendo al modello di cercapersone Gold Apollo AR924, che Hezbollah aveva ricevuto in grandi quantità per restare sottotraccia e sfuggire alla lente dei servizi segreti israeliani. Dopo l'attacco, aveva risposto il capo e fondatore dell'azienda omonima Hsu Ching-kuang, una volta che le fotografie dei cercapersone esplosi hanno fatto il giro del mondo. I dispositivi, infatti, sono sì stati assemblati dall'azienda taiwanese, ma su licenza da un distributore europeo di cui inizialmente non era stato diffuso il nome, entrato in affari con Gold Apollo circa tre anni fa.

Stante ciò, occorre capire come sia possibile aver fatto saltare tutti quei dispositivi simultaneamente. I cercapersone di cui erano in possesso gli esponenti di Hezbollah colpiti nell'attacco di ieri hanno emesso un segnale acustico di alcuni secondi prima di esplodere: a riferirlo al New York Times un membro del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione, secondo il quale i dispositivi hanno emesso un segnale di circa 10 secondi, durante i quali i possessori li hanno avvicinati al volto per cercare di leggere il messaggio. Secondo quanto riportato dal canale di informazione saudita Al-Hadath, 19 membri del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica sono stati uccisi dopo che i loro cercapersone sono esplosi a Deir ez-Zur, nella Siria orientale.

Già dalle prime ore dopo l'attacco, sembrava essere stata esclusa l'ipotesi di hackeraggio software: il sospetto, infatti, era che potesse trattarsi di una sorta di attacco cyber, che, sovraccaricando i componenti interni, avrebbe portato all’esplosione, magari tramite un aggiornamento programmato. Perché, dunque, scartare questa l'ipotesi? Inizialmente, era stato preso in considerazione un altro modello (l'AP900) che utilizza una batteria alcalina AAA, il che rende impossibile che la batteria venga surriscaldata in questo modo. Più probabile che un piccolo EFP (testata autoforgiante) sia stato inserito nel dispositivo. Il modello AR924, tuttavia, non utilizza batterie alcaline, ma l'ipotesi della carica esplosiva in queste ore è rimasta comunque la più accreditata.

Il materiale esplosivo, non più di una sessantina di grammi, sarebbe stato impiantato accanto alla batteria in ogni cercapersone, assieme a un interruttore che potrebbe essere attivato a distanza per far detonare gli esplosivi. Alle 15:30 in Libano, i cercapersone hanno ricevuto un messaggio che sembrava provenire dalla leadership di Hezbollah, ma che invece avrebbe attivato le detonazioni. Secondo il New York Times, che cita l'analisi di Mikko Hypponen, specialista di ricerca presso la società di software WithSecure e consulente per la criminalità informatica dell'Europol, i cercapersone sono stati probabilmente modificati in qualche modo per causare questo tipo di esplosioni. Le dimensioni e la forza delle deflagrazioni, infatti, indicano che non è stata solo la batteria a permettere l'effetto che abbiamo visto in decine di filmati. Semmai ne ha aumentato la letalità, prendendo fuoco.

Ora resta da capire dove ci siano state le manomissioni. L'azienda taiwanese Gold Apollo riferisce che aveva autorizzato il proprio marchio sui cercapersone esplosi ieri in Libano e Siria, ma che a produrli è stata un'altra società, l'ungherese BAC Consulting KFT che era stata autorizzata a utilizzare il marchio Gold Apollo in alcune regioni. Secondo l'accordo di cooperazione, l'azienda taiwanese ha autorizzato BAC a utilizzare il suo marchio per la vendita dei prodotti in determinate regioni, ma la progettazione e la fabbricazione dei prodotti sono di esclusiva responsabilità di BAC. L'amministratore delegato di BAC Consulting, Cristiana Barsony-Arcidiacono, però ha dichiarato a Sky News: "Io non faccio i cercapersone, sono solo una intermedia. Penso che abbiate sbagliato".

Secondo quanto riportato da La Stampa, fonti locali hanno riferito che la partita dei cercapersone era di recente dotazione agli Hezbollah e che l'acquisto sarebbe stato fatto o agevolato da "commercianti egiziani", con cui l'ufficio commerciale del Partito di Dio aveva già concluso alcune transazioni.

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