La strategia “watercraft” del Pentagono per il Pacifico

L'esercito Usa punta sulla "logistica" per incrementare” ed “espandere” la propria forza navale

La strategia “watercraft” del Pentagono per il Pacifico
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Le “watercrafts”, ovvero quelle imbarcazioni adibite al trasporto dei mezzi militari e materiale logistico, diventano un punto fondamentale degli Stati Uniti, per la deterrenza nel Pacifico.

Perché le watercrafts?

La loro importanza è indicata nella dottrina, all’interno del manuale “Watercraft operations”, dell’esercito americano, il quale riporta che: “Queste unità forniscono capacità aggiuntive nella conduzione delle operazioni per la distribuzione ed il sostegno del comandante e dei combattenti. Mantengono la capacità di schierarsi nei teatri di tutto il mondo e di fornire operabilità sui litorali, sulle vie navigabili interne e sui fiumi”. Inoltre, si apprende, che la loro operatività si esprime su principi ben precisi. Quest’ultimi sono 4 e si focalizzano su dinamiche come”: “L’ anticipazione”, che consente di prevedere ed avviare manovre di risposta, senza dover attendere un ordine. “La reattività”, che facilita una reazione, proporzionale, alle necessità di supporto delle operazioni, “ la continuità”, ovvero, la capacità di sostegno, a tutti i livelli di guerra”, che consente libertà di azione ed una resistenza prolungata. Ed infine, “l’improvvisazione”, ovvero, il poter essere efficienti a fronteggiare qualsiasi variabile in evoluzione, agendo, congiuntamente, ai principi di reattività, sopra citati.

Cosa vuole l’esercito degli Stati Uniti

Dall’analisi si apprende che il Pentagono starebbe riflettendo sulle prossime manovre utili a condurre il fattore “logistica”, nel quadro di un territorio conteso, come potrebbe essere quello di Taiwan, o la difesa di Guam e delle Filippine. Territori, entro i quali, queste chiatte si presentano come un elemento essenziale per affrontare una crisi. Di qui, sembrerebbe, infatti, che ci sia l’intenzione degli Usa, di voler “incrementare” ed “espandere” la propria forza navale in questa direzione. E di sviluppare, nel contempo, una vera e propria strategia per attuare questo piano.

La strategia su 3 fronti

Secondo quanto riferisce il Comandante dell’esercito nel Pacifico, “la strategia per costruire la flotta dovrà avere 3 punti fondamentali”. Il primo verterà sulla gestione e, soprattutto, la “manutenzione” delle unità navali in dotazione. Il secondo, dovrà puntare sullo sviluppo degli armamenti attuali che comprendono unità di classe Maneuver Support Vessel Light e MSV-Heavy. Questo prevede, a sua volta, una stretta connessione con l’industria privata, con la quale bisognerà affrontare sforzi congiunti per perseguire una modernizzazione adeguata e poter garantire l’efficienza dei mezzi a Guam, in Australia, in Giappone e nel Pacifico in generale. Infine, il terzo punto, è di poter essere in grado di sfruttare ciò che si sta imparando, da come lo si sta utilizzando, applicando la nota strategia della “Lesson Learned”, così da poter perfezionare, quanto appreso, su altre dinamiche e sfide in futuro.

Più mezzi per il Pacifico

Sebbene la Us Army riporti che il numero delle watercrafts abbia una flotta di circa 127.000 unità, si apprende che quelle di stanza nel Pacifico, però, contino sei imbarcazioni operative, oltre alle 35 che erano, invece, già in dotazione, e conosciute come APS. La loro funzione è altamente strategica e vitale per la missione Pacific Utilities Logistic Support Enablers, la quale fornisce la distribuzione logistica critica, la manutenzione ed il supporto per le manovre a ovest della International Date Line. Tali operazioni, infatti, sono svolte in favore della Marine Expeditionary Force, la Pacific Air Forces e del Giappone, con il fine di migliorare anche l'interoperabilità congiunta, con l'8° Theater Sustainment Command. Ad est della linea, invece, gli Usa hanno quattro navi che forniscono supporto logistico, alla 25a divisione di fanteria, oltre che alle nazioni alleate.

Di qui si comprendono le importanti ragioni di ampliamento, che risulterebbero, quindi, necessarie per coprire molti settori e su tanti fronti. E, per soddisfare questo, le narrative indicano un probabile orientamento dell’esercito ad implementare le risorse con unità presenti nel commercio tradizionale.


Dalle recenti operazioni Pathways, inoltre, si è evinto che l’utilizzo di navi esterne, sotto forma di capacità integrate, abbiano portato un importante sostegno al servizio logistico. Tanto che i vertici, proprio da questa situazione, infatti, si sarebbero maggiormente convinti della possibilità di rifornirsene, in futuro, laddove non si riuscisse ad equipaggiarsi, secondo i canoni tradizionali.

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