I brandy, i lussi, i viaggi... Vita inimitabile di Churchill

Nuove biografie e un inedito ritratto attraverso le lettere svelano altre sfaccettature dello statista

I brandy, i lussi, i viaggi... Vita inimitabile di Churchill
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La bibliografia su Winston Churchill è proporzionata alla grandezza della persona. È, quindi, smisurata... Come del resto erano il suo ego e la sua stessa produzione, sia per qualità (nel 1953 vinse il Nobel per la Letteratura) sia per quantità: oggi ammonta ufficialmente a settantadue volumi fra reportage/resoconti militari, libri storici e biografici, raccolte di discorsi, memorie e perfino un romanzo (Savrola, scritto a 25 anni sull'onda di una missione al confine fra Afghanistan e l'attuale Pakistan, e pubblicato in italiano da Gallucci nel 2022). In occasione dei centocinquanta anni dalla sua nascita, avvenuta il 30 novembre 1874 a Blenheim Palace, nuovi saggi e biografie tornano a occuparsi dell'uomo che ha segnato come pochi uno dei momenti cruciali della storia del Novecento. Uno è Privata e confidenziale (Utet, pagg. 280, euro 22), dove i curatori James Drake e Allen Packwood (direttore del Churchill Archives Center) ne raccontano «la vita attraverso le lettere ad amici e familiari». Ora, gli amici di Winston Churchill erano anche Roosevelt e Eisenhower, e per esempio è proprio in una missiva a quest'ultimo, nell'aprile del '55, che scrive: «Dimettersi non vuol dire ritirarsi» e ricorda le cause per le quali entrambi hanno combattuto: «La prima è la fratellanza angloamericana, e la seconda è fermare la minaccia comunista. Credo che siano identiche». Oppure all'amico Chamberlain, nel maggio del 1940, diceva: «Non ho illusioni riguardo a quanto ci aspetta... Per il resto ho fede nella nostra causa, di cui sono sicuro non verrà consentito il fallimento tra gli uomini».

C'è però anche materiale gustoso per gli ammiratori del personaggio. Ecco per esempio che cosa racconta all'amata moglie Clementine alla fine del '35: «Rothermere mi ha proposto due scommesse. La prima, 2000 sterline se fossi rimasto del tutto astemio nel 1936. Ho rifiutato, perché penso che non varrebbe la pena di vivere (...) Ho invece accettato la sua seconda scommessa di 600 per non bere brandy o alcol non diluito nel 1936. Quindi stasera è il mio ultimo sorso di brandy». D'altra parte, quando si era trattato di tirare la cinghia (si fa per dire), nel 1926 il primo proposito era stato: «Non si deve più comprare champagne», seguito da «i sigari vanno ridotti a quattro al giorno». Ma di essere troppo spendaccione lo rimproverava già la madre, Lady Randolph, quando nel 1897 gli faceva notare: «Molti uomini alla tua età devono lavorare per mantenersi e mantenere la loro madre». Invece il conto di Churchill era perennemente in rosso e lui pensava solo ai cavalli e al cricket...

Però, già sei anni prima, aveva iniziato la sua carriera più remunerativa: quella di giornalista e scrittore. Come ricorda Robin Cross nel suo Winston Churchill. Viaggi, incontri, missioni dell'uomo che non si è mai arreso (Giunti, pagg. 324, euro 16,90), per i diritti americani sulla sua ricostruzione della Seconda guerra mondiale in sei volumi ottenne l'equivalente di dieci milioni di dollari di oggi. Churchill non era del resto abituato a rinunciare ai lussi. Nel gennaio del '43 invitò Roosevelt a passare con lui due giorni a Marrakech, per godersi il tramonto. Ecco come si presentò a un visitatore la mattina seguente: «C'era un copriletto di seta azzurra bordato di pizzo» e lui era «con addosso una vestaglia verde, rossa e oro e con i capelli, o piuttosto quel che ne restava, dritti in testa e un grosso sigaro tra le labbra». Ma ci sono, fra i suoi molti viaggi, anche le peripezie in Sudafrica e l'incontro con Stalin e Molotov a Mosca (Churchill fa la spia su una gita di Molotov a New York, e Stalin replica: «Non si è recato a New York, ma a Chicago, dove vivono gli altri gangster»). Infine, fra le uscite, da segnalare anche Io, Winston (Solferino, pagg. 448, euro 22,50): Gabriele Genah prova a scrivere «Il romanzo in prima persona sulla vita di Churchill», basandosi proprio sulle opere di Winston.

Il quale del resto, mentre metteva per iscritto la sua cronaca della Seconda guerra mondiale, notava: «Questa non è la storia, è la mia storia». Non si sa se per consapevolezza della propria necessaria parzialità, o per autostima...

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