Un flop annunciato. Per una volta, comitati dei residenti e gestori dei locali erano e sono rimasti d'accordo fino alla fine che l'ordinanza anti movida del Comune scattata il 4 maggio e in scadenza lunedì prossimo «non è servita a niente». Semmai sottolinea il direttore generale di Epam (i pubblici esercizi associati a Confcommercio Milano) Carlo Squeri, «se ci fosse stato un effettivo ridimensionamento del fenomeno malamovida ce ne saremmo fatti anche una ragione, invece i divieti hanno prodotto solo un grosso danno economico per i locali, nei prossimi giorni tireremo le somme». La stretta aveva sollevato forti polemiche da parte dei commercianti. Dehors chiusi all'una di notte (alle 2 nel weekend) e divieto di asporto di bevande alcoliche tutti i giorni a partire dalla mezzanotte, per sei mesi consecutivi e in tredici aree della città (Nolo, Lazzaretto, Melzo, Isola, Sarpi, Cesariano, Arco della Pace, corso Como/Gae Aulenti, Garibaldi, Brera, Ticinese, Darsena e Navigli). Il bilancio della portavoce del Comitato del Lazzaretto Elena Montafia è tranchant: «É stata un'altra estate infernale, la situazione non è cambiata di una virgola. Non ci sono stati controlli particolari. Chiudere i dehors e non intervenire sugli assembramenti è un cerottino inutile, si creano discoteche a cielo aperto fino alle 3 di notte e oltre». Montafia ribadisce anche che «l'amministrazione ha continuato ad autorizzare «l'apertura indiscriminata di spazi enormi per i dehors ben oltre l'emergenza Covid, doveva governare il fenomeno. C' stata mala gestio. Questa ordinanza è servita solo a mostrare ai giudici che stavano facendo qualcosa contro la malamovida, ma è stata anche un'ammissione di responsabilità. E le sentenze che stanno scattando i tanti Comuni», ultima quella che giorni fa ha condannato Pescara a risarcire 68 residenti per 450mila euro, «ci confortano». C'è una causa aperta da residenti del Lazzaretto/Porta Venezia contro Palazzo Marino per danni alla salute, a novembre è fissata la prossima udienza. «In tanti vorremmo trasferirci ma vendere casa qui è impossibile - ammette -. C'è chi ha affrontato anche i costi dell'affitto in altre zone quest'estate, un'insegnante che non poteva passare notti in bianco e presentarsi in cattedra la mattina presto o chi aveva bimbi che non riuscivano a dormire. I rilievi fonometrici hanno sempre registrato 72 decibel con le finestre aperte».
Squeri sottolinea che «per fortuna i divieti sono finiti», dopo il ponte del primo novembre (e feste di Halloween ancora con dehors e asporto limitati) «inizieremo a preoccuparci dell'anno prossimo, sperando che dopo questo flop annunciato il Comune voglia affrontare il problema con un approccio diverso». Se l'intento era di arginare gli schiamazzi notturni «mi sembra che non ci siamo. Il consumo di alcol non passa solo dai locali, ci sono abusivi, la gente se lo porta da casa e rimane all'aperto anche se i bar chiudono o non fanno più asporto. Bisogna attuare delle misure certamente più faticose ma che portino a controllare e arginare veramente i comportamenti sbagliati di alcune persone». E fa presente che anche in tema di sicurezza i divieti sono stati un boomerang. «Nei tre anni precedenti i gestori avevano partecipato ai bandi del Comune che davano contributi per assumere vigilantes privati. Diminuendo gli incassi hanno dovuto tagliare questa voce - spiega Squeri -. Quest'estate solo due zone critiche, corso Como e Alzaia Naviglio Pavese, vicina allo spaccio di via Bolla, hanno partecipato e hanno garantito un servizio di vigilanza privata».
Epam ha monitorato in questo periodo la situazione di alcuni associati nelle varie zone rosse e «a giorni avremo dati precisi dei danni economici. Ma faccio presente che ci sono stati ridimensionamenti del personale e anche i distributori hanno subito la riduzione degli ordini».
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