I missili nord-coreani fanno scoppiare la crisi

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Una girandola missilistica nordcoreana, fatta esplodere proprio durante la festa d’indipendenza degli Usa con i lanci sperimentali tra martedì e ieri di 7 (c’è chi dice 10) missili a corto e lungo raggio. Provocazione politica o minaccia militare? La risposta verrà dal tempo, ma intanto è chiamata a darne una provvisoria il Consiglio di sicurezza dell’Onu. La seduta s’è aperta alle 10 del mattino di New York su richiesta del Giappone, immediatamente appoggiata dagli Stati Uniti e, fra i membri permanenti del Consiglio, dalla Gran Bretagna. I portavoce di Tokio e di Washington hanno sottolineato, soprattutto i primi, la potenziale gravità della minaccia e hanno chiesto che dal Consiglio di sicurezza venga una risposta «rapida ed adeguata». In particolare il segretario di Stato Condoleezza Rice ha espresso la ferma intenzione di bloccare la manovra politica che ha accompagnato e ispirato il test missilistico, cioè il tentativo del regime comunista di Pyongyang di trasformare la sfida agli impegni internazionali in una questione bilaterale con l’America.
Per il resto l’America non valuta come una minaccia immediata il programma militare di Pyongyang che consiste nella «accoppiata» tra l’avanzato programma nucleare e la dotazione, almeno spettacolare e teorica, di missili, anche balistici e dunque in grado di colpire gli Usa (per ora solo l’Alaska) capaci di trasportare la Bomba. Gli Usa, si è saputo, hanno posto in stato di allerta i missili intercettori stazionati in Alaska. Washington è intenzionata a riprendere il progetto di scudo stellare voluto negli anni della Guerra fredda da Reagan. Il sistema anti-missile che ha la sua base nelle montagne del Colorado, così come è oggi, non offre molte garanzie. Pertanto Bush ha investito 58 miliardi di dollari per completarlo entro i prossimi sei anni.
Il ministro degli Esteri Aso ha parlato di una «crisi senza precedenti dal tempo della guerra di Corea» (di cinquant’anni fa), il premier Koizumi tiene però aperta la porta del dialogo auspicato come «l’unica soluzione». I vettori di Pyongyang sono stati lanciati mentre lo spazio aereo veniva attraversato da una decina di aerei di linea. E quale misura precauzionale, la compagnia di bandiera nipponica ha deviato ieri verso nord tre voli diretti in Europa.
La Corea del Sud sostiene iniziative di assai minor rilievo e le altre due potenze coinvolte nel «tavolo esagonale» aperto da anni, cioè la Russia e la Cina, si astengono da dichiarazioni molto impegnative. Il ministro degli Esteri di Mosca, Serghei Lavrov, ha espresso preoccupazione e una generica condanna, il suo collega di Pechino Guang ya Wang s’è attenuto al «rammarico per l’accaduto» e all’auspicio che «l’azione della comunità internazionale sia costruttiva».


Giappone e Usa chiedono una risoluzione dell’Onu che contenga contromisure, soprattutto economiche, ma è tutt’altro che sicuro che emerga un documento ultimativo: Mosca e Pechino sono contrarie e sanzioni, tuttavia la Tv russa ha annunciato ieri che la questione dei missili nord-coreani sarà uno dei temi del vertice del G 8, che si terrà dal 15 al 17 luglio a San Pietroburgo.

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