Questo è poco più di un gioco e parte con una domanda: gli intellettuali di destra stanno trascurando alcuni eroi dell'immaginario contemporaneo? Qui non si parla di «classici», che pure avrebbero molto da dire. Non ci sono Frodo e Aragorn. Non c'è Dagny Taggart, incarnazione di Ayn Rand, in La rivolta di Atlante. Non c'è D-503, il protagonista di Noi, il romanzo di Evgenij Zamjatin, che svela l'inganno della rivoluzione bolscevica. Non ci sono Bastiano e Atreiu che lottano contro l'avanzare del Nulla nella Storia infinita. Non c'è neppure Winston Smith di 1984. Si potrebbe parlare di alcuni personaggi di Clint Eastwood, con quella frase presa da I ponti di Madison County che in poche battute segna un sentimento: «I vecchi sogni erano bei sogni. Non si sono avverati, comunque li ho avuti». È che delle ragioni di Clint se ne sono bene o male accorti tutti e no, non è banale e non è razzista, ma è solo uno che ci tiene parecchio alla propria libertà e si sente scomodo nella retorica di questo secolo che già comincia a invecchiare.
Allora chi? Per esempio Katniss Everdeen. È la ragazza di fuoco del dodicesimo distretto, che porta il nome dell'erba saetta, che alza il canto della rivolta con al petto il simbolo della ghiandaia imitatrice e sopravvive al tributo di sangue degli Hunger games. Non lasciatevi ingannare dalle apparenze. Katniss combatte contro un Occidente che ha rinnegato se stesso, quel mondo di Panem dove non c'è più una repubblica ma un Super Stato aristocratico, che assomiglia a certe piattaforme oligarchiche e private, dove ogni cosa appare virtuale tranne la fame e la morte e non si crede a nulla se non al quarto d'ora di celebrità. Il mondo messo su da Suzanne Collins, l'autrice della saga distopica, è un futuro possibile, si spera iperbolico, ma che rappresenta il tradimento dei diritti universali dell'umanità, per la miopia di chi avrebbe dovuto garantirli e li ha invece barattati per una società che ha fatto del nichilismo uno spettacolo attimo per attimo. «Immagino che non ci siano più regole su ciò che una persona può fare a un'altra persona». Hunger Games è il rimpianto che avremo un giorno per la liberal-democrazia, sacrificata sull'altare del nulla o di qualche bugiarda utopia.
Allora chi? Beatrice «Tris» Prior. È la ragazza divergente, che le macchine e la scienza non riescono a ingabbiare in nessuna definizione. Il suo spirito non ha caselle. Non è candida, non è pacifica, non erudita, non abnegante, non intrepida. Non riesce, per natura e vocazione, a appartenere a un genere, a un circolo, a una casta. È per tutti e per nessuno. Tris vive in una Chicago di un futuro imprecisato, dove i muri sono l'unica sicurezza che ti resta, e a governare sono i filosofi che basano la loro saggezza solo su loro stessi. È l'incubo che nasce dall'antico inganno della Repubblica di Platone, con la ricerca di una perfezione sociale che porta direttamente all'inferno. La saga di Veronica Roth è un omaggio a tutti i cani sciolti, quelli che il sistema considera un'anomalia da estirpare.
Allora chi? Gli Stark di Grande Inverno, la casata del Trono di Spade che non si sottomette ai sotterfugi e ai veleni della politica e tiene fede ai principi della tradizione, che non è il peccato degli ottusi, ma la forza di chi non scappa dai doveri e dalle responsabilità. Non crede agli azzeccagarbugli e ai venditori di buoni sentimenti, non pensa che tutto si possa comprare con il denaro e non si tira indietro quando c'è da difendere terra e valori. «Credi che la mia vita sia così preziosa per me? Credi che scambierei il mio onore per qualche altro anno di cosa? Tu sei cresciuto con gli attori, hai appreso la loro arte con scaltrezza. Ma io sono cresciuto coi soldati, ho imparato molto tempo fa come si muore».
Allora chi? La famiglia Weasley. Tutta l'avventura magica di Harry Potter è un manifesto del conservatorismo aperto, che non si rifugia nel passato, ma non lo rinnega. È la profondità del tempo che ti permette di non lasciarti ingannare dall'oscurità. Arthur e Molly Weasley, i genitori di Ron, il migliore amico di Harry, sono il simbolo di un ceto medio che cerca di sopravvivere in un mondo dove non c'è più spazio per chi vive del proprio lavoro con dignità. È la famiglia di maghi che in fondo più ricorda l'origine borghese di Joanne K. Rowling, dove K sta per K, e in fondo ne segna anche l'insofferenza di un certo politicamente corretto, povero soprattutto di buon senso.
Allora chi? Frank Gallagher, il padre sciagurato di Shameless. A suo modo è epico.
Certo, è una famiglia di nullafacenti ai limiti della società e con un certo talento a tirare avanti, ma dove lo trovi un altro «senza vergogna» che ti piazza un monologo di Ayn Rand. Lo Stato sono loro, i liberal fuori dal ghetto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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