Bersani ha salvato il cervello ma perde la testa

Quel che resta della Ditta del livore si affida al vecchio leader per boicottare il segretario-premier. E l’ex segretario Pd "usa" il suo male contro Renzi

Bersani ha salvato il cervello ma perde la testa

Quel che resta della Ditta si sta radunando intorno a un leader stanco, sconfitto e malandato. È lui l'ultima bandiera del Pd che rifiuta ogni cambiamento. Una bandiera frustata, rabbiosa, commovente nel suo tentativo di resistere a tutto, ma anche il simbolo di chi non ammette che l'Italia ha bisogno di una svolta, di un futuro, di una speranza. E tutto questo non può arrivare da chi ha sprecato la sua occasione per inseguire l'idea fissa di smacchiare il giaguaro. La bandiera dei congiurati anti renziani è Pierluigi Bersani.

È lui che viene usato come volto e voce di tutti i maldipancia sommersi e palesi. È lui che i sabotatori del progetto Renzi tornano a indicare come leader. È nel suo nome che i franchi tiratori trovano coraggio. Tutto questo Pd riluttante, che scommette sul fallimento del governo, che sta nella maggioranza ma non perde mai l'occasione di ricordare che lo fa solo per responsabilità di partito, usa perfino la malattia del vecchio leader per stuzzicare i sensi di colpa del nuovo segretario. Tentativo inutile, peraltro. Visto che Renzi non sembra cadere nel gioco dei rimorsi. Anche quando è lo stesso Bersani a evocare, a Skytg24, il recente passato: «Con Renzi sono leale. Ho sentito che parla di complotti, ma non sa di chi parla. Se ho qualcosa da dire lo dico apertamente, lo facevo con Letta e lo faccio con Renzi. Ho salvato il mio cervello per un pelo e non voglio consegnarlo adesso. Mi si lasci libertà di pensiero».

C'è un po' di vittimismo in questa richiesta di libertà. Nessuno pensa di mettere a tacere Bersani. Non c'è motivo e c'è rispetto per la sua storia. Ma, da osservatori esterni, non si può non notare la solita contraddizione del Pd. Il segretario del partito guida un governo che affronta una sfida ai limiti del possibile. Le riforme che Renzi sogna di fare sono tante e difficili. Forse non ce la farà, ma finora dai suoi stessi compagni gli sono stati negati i cento giorni canonici di fiducia. Gli sgambetti, le risse, i malumori sono cominciati subito. L'impressione è che ci fosse fretta di far cadere il segretario, per paura che prendesse vento e riuscisse nell'impresa. Non è questo un atto di egoismo? Non è una guerra alla persona? Non è un gioco autolesionista? Ancora una volta una parte del Pd sacrifica il bene del Paese per occuparsi delle sue beghe interne, per mettere in scena l'eterna guerra civile di un partito irresponsabile. E tutto questo non solo è triste, ma comincia davvero a fare rabbia.

Non solo. Il vecchio Pd ancora una volta sceglie di mostrarsi al mondo come il partito della conservazione, dell'immobilismo, della palude. È la forza politica che da vent'anni blocca le riforme. Già questo atteggiamento indebolisce Renzi.

Come ci si può fidare di un premier che non è in grado di gestire il suo partito e la propria maggioranza? Battuta irriverente sussurrata tra i parlamentari di Forza Italia: meno male che c'è la Ditta, altrimenti Berlusconi che ci sta a fare? E Renzi, sveglio com'è, l'ha capito prima di tutti.

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