Operai e impresa perdono sempre. Vince solo il fisco

La morale del caso Electrolux: uno Stato che non riduce il costo del lavoro uccide i lavoratori

Operai e impresa perdono sempre. Vince solo il fisco

La teoria del piagnisteo non funziona più, come dimostra la triste vicenda di Electrolux, fabbrica svedese di elettrodomestici che opera anche in Italia, nel Veneto e nel Friuli in particolare. I costi di produzione, nel nostro Paese inospitale per chiunque intenda intraprendere, sono diventati troppo alti e non consentono di reggere alla concorrenza straniera, agguerrita, specialmente in Asia. Davanti a questa realtà, drammatica ma di facile lettura, l'impresa non ha molte strade da percorrere: o abbassa i livelli retributivi o chiude i battenti e, come si dice, delocalizza in nazioni dove il capitalismo non è considerato figlio del demonio, come invece succede dalle nostre parti ancora influenzate da una sorta di marxismo di risulta, forse poco evidente eppure velenoso.

Infatti la reazione dei sindacati alla proposta aziendale di dimezzare i salari è stata violenta. Rifiuto totale. Intendiamoci, non piace a nessuno sentirsi dire mangia questa minestra o salta dalla finestra. Fra l'altro, le paghe nostrane sono abbastanza risibili se comparate con il costo della vita; ma, pur tenendo conto di tutto ciò, non si giustifica un rifiuto aprioristico della trattativa.

Strano come i rappresentanti dei lavoratori, e i lavoratori stessi, non tengano conto che la situazione è talmente grave da non consentire soluzioni diverse da quelle prospettate dalla società. La quale ha interesse a continuare la produzione e non a dismettere gli stabilimenti. Senza trascurare che un trasferimento dall'Italia ad altri Paesi comporta comunque spese ingenti. Se la direzione delle fabbriche è giunta alla conclusione di chiedere un sacrificio tanto pesante ai dipendenti, si vede che non le manca comunque la volontà di proseguire nell'attività tentando di raddrizzare i bilanci, attualmente negativi e non in grado di sopportare ulteriori passivi.

Ci domandiamo per quale motivo la politica sia inerte di fronte alla minaccia di una serrata, e non si chieda se non sarebbe meglio tagliare le unghie al fisco predatore piuttosto che addossare interamente il peso della crisi agli operai, anch'essi provati da una tassazione insostenibile.

C'è poi una riflessione obbligatoria. La sinistra insiste nel dichiarare che la priorità è l'occupazione. Giusto, ma chi se non le aziende possono incrementarla o almeno non diminuirla? Ci si aspetterebbe da un governo a maggioranza democratica un impegno per agevolare le imprese, per esempio abolendo l'Irap, l'imposta commisurata al numero di dipendenti. Su ogni assunto, si paga un tot. Ergo, più persone assumi, più devi sborsare.

A queste condizioni nessun industriale è tanto stupido da rimpinguare gli organici; semmai li sfoltisce.

Insomma, c'è un solo modo per evitare la moltiplicazione dei casi tipo Electrolux: alleggerire il carico fiscale a chi dà lavoro. Viceversa azzerare i profitti, lasciando che lo Stato vorace si mangi gli utili, e non solo quelli, vuol dire uccidere i lavoratori italiani e ingrassare quelli dei Paesi scelti dai padroni per le delocalizzazioni.

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