Abu Omar, la Cassazione: "Tutti prosciolti per segreto di Stato"

Prosciolti Pollari, Mancini e tre agenti del Sismi. La Cassazione: "L'azione penale non poteva essere proseguita per segreto di Stato"

Abu Omar, la Cassazione: "Tutti prosciolti per segreto di Stato"

Undici anni e qualche giorno dopo il sequestro di Abu Omar, imam estremista rapito a Milano da una squadra di agenti della Cia, arriva la parola definitiva della giustizia italiana sulla vicenda: ed è una parola che sancisce una volta per tutte la prevalenza degli interessi di sicurezza dello Stato con il pur legittimo diritto-dovere della magistratura ad indagare sui reati. La prima sezione penale della Cassazione ha spazzato via oggi le sentenze a carico di Niccolò Pollari, ex direttore del Sismi, del suo braccio destro Marco Mancini e di altri tre 007 che a Milano erano stati pesantemente condannati per concorso in sequestro di persona. E non ci sarà un nuovo processo, come invece aveva chiesto la Procura generale: "annullamento senza rinvio", dice il dispositivo pronunciato poco fa, "perché l'azione penale non poteva essere proseguita per l'esistenza del segreto di Stato".

È una pesante sconfessione di quanto sia la stessa Cassazione che la Corte d'appello di Milano avevano stabilito negli anni scorsi, sostenendo che nessun segreto di Stato avrebbe mai potuto coprire un reato grave come il sequestro di persona. Per questo, sfidando i provvedimenti di apposizione del segreto firmati da Romano Prodi, Silvio Berlusconi e Mario Monti (i tre premier avvicendatisi nell'arco della vicenda), i vertici del Sismi erano stati trascinati sul banco degli imputati e pesantemente condannati: dieci anni a Pollari, nove a Mancini, cinque agli altri.

Invano, nell'aula del processo d'appello, i difensori degli imputati si erano battuti perchè i giudici prendessero atto dell'esistenza del segreto. I giudici erano andati avanti per la loro strada, consentendo che atti segreti fossero letti in aula dal rappresentante dell'accusa e poi impiegandoli per giustificare la condanna degli imputati.

Ma la Corte Costituzionale, accogliendo i ricorsi sollevati dai governi precedenti e confermati dal governo Letta, il 14 gennaio aveva confermato l'esistenza del segreto, in nome della prevalenza della salus sei publicae su ogni altra esigenza, e confermando che solo al potere politico, cioè al governo, spetta stabilire i confini del segreto.

E oggi la Cassazione ne ha preso atto a pieno campo. Finisce in niente il filone italiano dell'inchiesta, ma restano le condanne inflitte (e passate in giudicato) agli agenti della Cia che eseguirono la rendition.

Ma resta soprattutto un principio generale su cui in questi anni si è dibattutto a non finire. conta più lo stato di diritto o conta di più la sicurezza nazionale di cui l'attività di intelligence, ovvero dei servizi segreti, è una componente fondamentale? La risposta di oggi non sembra lasciare spazio a dubbi.

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