La politica italiana, ogni volta, sa regalare derive straordinarie. L'ultima, in piena fase d'eccitazione, è quella di una sinistra sempre più affascinata dall'ipotesi che possa diventare leader di partito un erede Berlusconi, Pier Silvio o Marina è uguale. In chiave antimeloniana, per i progressisti di casa nostra, vanno bene entrambi.
Da Repubblica a La Stampa, dal Corriere a Domani (che ieri ci ha spiegato come sarebbe meraviglioso un accordo elettorale tra una nuova Forza Italia centrista e il Pd, grazie al sentimento di Marina verso la sinistra), da La7 a Sette (ottimo l'articolo di qualche giorno fa sulla sinistra di Capalbio innamorata di un Pier Silvio a capo di una destra moderata), è un florilegio di interviste a Marina, di elogi a Pier Silvio, di aperture alla Pascale (pronta a scendere in campo a fianco dei Berlusconi contro Gasparri, manco Totò contro Maciste) e in generale di ossequi alla grande famiglia del Cavaliere; e tutto su quella stessa stampa che lo ha ferocemente detestato per decenni.
Li hanno sentiti dire che sui diritti civili preferiscono la sinistra rispetto alla maggioranza di governo, hanno apprezzato che si portassero in casa una Berlinguer e li hanno visti persino comprarsi un pezzo di Adelphi (che dà la giusta presentabilità
sociale), e tanto è bastato perché la migliore sinistra intellettuale ricadesse nella nota sindrome. Si chiama «mario-calabresizzazione». Prima si ammazzano o si demonizzano i padri e poi si accudiscono e si incensano i figli.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.