Ingroia persecutore del premier: "È ingeneroso"

Bordate anche contro Parlamento e Colle. Il Pdl insorge: "Superati i limiti"

Ingroia persecutore del premier: "È ingeneroso"

Roma - Antonio Ingroia (nella foto tonda) torna all'attacco. Il magistrato palermitano non ce la fa a stare lontano dai riflettori e, in un'intervista a SkyTg24, reitera le sue accuse. Prima a Monti: «Il riferimento del premier all'attività della Procura di Palermo lo definirei un po' ingeneroso: abbiamo sempre rispettato la legge». Poi, ultimo ditino puntato in termini di tempo, contro la classe politica in generale: «Lo scontro tra la procura di Palermo e il presidente della Repubblica è arrivato davanti alla Corte costituzionale perché ancora una volta la politica è stata inerte». Il tema è quello noto e rovente del ricorso alla Consulta da parte del presidente della Repubblica contro i giudici di Palermo, per aver intercettato le telefonate del capo dello Stato.

Ingroia la vede così: «Il conflitto di attribuzione è uno strumento che legittimamente il capo dello Stato ha scelto per trovare una soluzione diciamo superiore, che la Corte costituzionale potrà fare, su un punto che è oggetto di controversia. Ma per la verità - aggiunge la toga - si è arrivati a questo punto poiché il Parlamento non ha legiferato benché già 20 anni fa il ministro Flick, in un caso analogo in cui era stato accidentalmente intercettato il presidente della Repubblica Scalfaro, aveva registrato un vuoto legislativo». E di fronte a questo vuoto, sottolinea Ingroia, «i magistrati non possono far altro che applicare la legge così come è». Nessun mea culpa, quindi.

Il nodo giuridico da sciogliere sta tutto nel fatto che le telefonate intercettate su disposizione della Procura di Palermo, in relazione alla presunta trattativa Stato-mafia condotta nei primi anni '90, sono conversazioni telefoniche tra il capo dello Stato e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, sulle utenze di quest'ultimo che nell'inchiesta è indagato per falsa testimonianza. Le intercettazioni che riguardano Napolitano, quindi, sarebbero indirette, o meglio «casuali» e pertanto - questa la tesi della procura siciliana - escluse dal divieto previsto dalla legge 219 del 1989 (per cui il capo dello Stato può essere intercettato solo dopo che sia stato sospeso dall'incarico, post procedura di impeachment per alto tradimento, ndr).

Ingroia si aggrappa al presidente emerito della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky che, in un intervento su Repubblica, aveva sostenuto la seguente tesi: «Che bisogno c'è d'un conflitto costituzionale? A perdere sarà anche la Corte - ha scritto -: se, per improbabile ipotesi, desse torto al presidente, sarà accusata d'irresponsabilità; dandogli ragione sarà accusata di cortigianeria». Considerazione diametralmente opposta al fondatore del quotidiano di largo Fochetti che proprio ieri lo ha sconfessato. Ma le parole del costituzionalista fanno da salvagente a Ingroia che attacca: «Abbiamo avuto conforto e sostegno nell'intervento del presidente emerito della Corte costituzionale Zagrebelsky che è profondo conoscitore del diritto e della Costituzione che ci ha sostanzialmente dato ragione». Un attacco a Napolitano in piena regola, quindi.

Le parole del giudice siciliano sono benzina sul fuoco della polemica politica. Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, replica duro: «Quello che Di Pietro, Ingroia, Zagrebelsky, Il Fatto e altri ci devono spiegare è la ragione dell'attacco frontale e destabilizzante che stanno conducendo contro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano». La senatrice della Lega, Rossana Boldi, invece mette il dito nella piaga della vanità del pm: «Un magistrato, se veramente crede nel suo ruolo, non commenta le dichiarazioni dei politici, applica le leggi emanate dal parlamento, evita la ribalta di giornali e TV come la peste. Altrimenti può decidere di cambiare ruolo...». Anche Maurizio Paniz del Pdl stigmatizza la toga palermitana: «Sono agli antipodi del suo pensiero; non solo dal punto di vista politico, visto che lui non fa mistero di ostentare come la pensa in merito, ma anche valutazione tra responsabilità e confini tra politica e magistratura. A Palermo, mi sembra chiara la responsabilità della procura nei confronti del Colle. E si è palesemente superato il confine della distinzione tra singoli poteri». E le tesi di Zagrebelsky? Paniz fa spallucce: «La sua è una posizione isolata. Anche oggi (ieri per chi legge ndr) il Corsera ospitava un intervento di Valerio Onida che arrivava a conclusioni opposte alle sue».

Niente sconti a Monti che ha parlato di intercettazioni e abuso dei pm di Palermo: «Non condivido le sue frasi sulla Procura. La politica sconfina».

Il 2 luglio Ingroia ha pubblicato un video sul blog di Grillo: «L'Italia è un Paese di irresponsabili. Passate parola tra voi cittadini per pretendere la verità».

Il 30 ottobre scorso, al congresso di Pdci, il pm spara: «Non mi sento

imparziale, anzi mi sento partigiano, sono un partigiano della Costituzione». Pur senza nominare espressamente il capo dello Stato, Ingroia ha detto che il conflitto di attribuzione avvelena il clima e isola i magistrati

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