"Carcere fino a 5 anni". La stretta del centrodestra sulla cannabis

La proposta di legge è firmata da Augusta Montaruli (FdI): ecco cosa cambia per lo spaccio e la detenzione anche per i casi di "lieve entità"

"Carcere fino a 5 anni". La stretta del centrodestra sulla cannabis

Punire pesantemente gli spacciatori di droga: non solo per quanto riguarda i grandi quantitativi, ma anche per le piccole dosi. È questo che l'obiettivo che la maggioranza che sostiene il governo Meloni ha intenzione di perseguire, nonostante una retorica che riecheggia dalle parti della sinistra ormai da anni a favore della liberalizzazione della cannabis. In Parlamento, infatti, arriva una legge firmata da Fratelli d'Italia che è molto chiara da questo punto di vista: inasprire le sanzioni e alzare fino a 5 anni la pena massima per chi è responsabile di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope se il fatto è, per l'appunto, di "lieve entità". Con tanti saluti alla "linea" Saviano.

La proposta di legge nasce da un testo firmato da Augusta Montaruli, ex sottosegretaria all'Università e attuale vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai. La deputa di FdI punta a modificare gli articoli 73 e 85 bis del decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 in materia di stupefacenti, per dare "alla magistratura giudicante questo ulteriore strumento per arginare la reiterazione del delitto quando gli elementi de facto a seguito di una puntuale e attenta valutazione siano tali da richiederne l'applicazione".

Il centrodestra è fortemente intenzionato a superare l'attuale legge in vigore, che adesso sanziona i "piccoli" spacciatori con una pena che va da sei mesi a quattro anni e con una multa da euro 1.032 a euro 10.329. Una previsione che secondo Montaruli "rende al momento impossibile applicare la misura cautelare in carcere. La norma attuale - si legge nella relazione - risulta infatti irragionevole dal momento che la lieve entità, seppur caratterizzata da una minore circolazione del denaro, non considera che esso deriva comunque da una condotta criminosa che non può che assumere contorni sempre più gravi quando non viene sottratto all’agente il fine ultimo del delitto ovvero una forma di guadagno proveniente da reato". Insomma: sarebbe l'addio alla legalizzazione della cannabis tanto cara alla sinistra.

Soltanto poche settimane fa la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, aveva dichiarato nel programma tv di Alessandro Cattelan che la liberalizzazione delle cosiddette droghe "leggere" sarebbe "un buon modo per contrastare le mafie, la criminalità organizzata" e che avrebbe avuto come conseguenza un "uso più consapevole, che non è un incentivo all'utilizzo soprattutto per la fascia pre-adolescenziale". E pazienza se, come più volte dichiarato dal procuratore Nicola Gratteri (che non è esattamente un simpatizzante di centrodestra), la quota di affari legati alle droghe leggere è risibile rispetto al totale operato dalle mafie.

Senza contare anche come l'associazione Gruppo Tossicologi Forensi Italiani (GTFI) abbia espresso preoccupazione sulla "banalizzazione della percezione dei rischi" derivanti dall'uso della cannabis, per via degli effetti negativi in particolare sul sistema nervoso centrale, con compromissione delle capacità funzionali e cognitive a lungo termine.

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