"Ci chiese le riforme...". Così Napolitano "guidò" Fornero e Monti

L'ex ministro ricorda Napolitano attraverso le concitate fasi della nascita del governo Monti. La testimonianza rivela l'incoraggiamento che il compianto presidente diede ai tecnici

"Ci chiese le riforme...". Così Napolitano "guidò" Fornero e Monti

Nelle ore del doveroso cordoglio per la scomparsa di Giorgio Napolitano, capita di leggere ricordi che sfociano addirittura nella agiografia. Con tutto ciò che ne consegue. È il caso dell'odierna testimonianza di Elsa Fornero, che sulle pagine della Stampa ha firmato un personale ritratto dell'ex presidente della Repubblica attraverso il racconto di uno dei passaggi più dibattuti della storia politica recente: la controversa caduta del governo Berlusconi nel 2011 e l'arrivo dell'esecutivo tecnico di Mario Monti. Napolitano fu uno dei grandi e più discussi protagonisti di quella fase, che oggi la Fornero ripercorre con toni quasi melodrammatici.

A leggere il ricordo della professoressa, infatti, sembra che quel "ribaltone" fosse ineluttabile. Della serie: l'Italia per salvarsi non poteva fare altro. In realtà, più testimoni sostengono che quei drastici cambiamenti vennero in qualche modo agevolati o addirittura caldeggiati dal Quirinale, che ben si guardò dal sollevare obiezioni formali. "L'origine di quell'esperienza si deve ricondurre a una vera e propria 'crisi di sistema', nella quale erano venute intersecandosi, nel corso del 2011, per poi acutizzarsi in una miscela potenzialmente esplosiva, tre differenti fragilità italiane", scrive sulla Stampa l'ex ministro, citando come concause l'indebolimento del nostro sistema economico, la perdita di affidabilità sui mercati internazionali e una situazione di stallo politico. "Sulla carta il governo Berlusconi poteva contare su un ampio consenso alle Camere; in pratica, la maggioranza si dimostrava sempre meno coesa e motivata e si sfilacciava nei momenti difficili (sempre più frequenti), determinando una paralisi dell'azione di governo", afferma Fornero, con una ricostruzione quantomeno discutibile.

Come rivelato dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti in una recente puntata di Stasera Italia, infatti, la situazione politica sarebbe stata leggermente più complessa di quella descritta dalla professoressa. "Berlusconi si sentiva angosciato dal fatto che Napolitano pressasse alcuni suoi parlamentari per spingerli a uscire dalla maggioranza, cosa che poi avvenne", ha svelato Sallusti in televisione. Secondo Fornero, invece, il governo tecnico sarebbe subentrato come extrema ratio per fare il "lavoro sporco" che i partiti non erano disponibili a fare. Ora sembra quasi che il sacrificio lo fecero loro: i tecnici. "Si dice che il presidente abbia 'forzato la mano' – anzi, la Costituzione - ma sono certa che non avrebbe mai spinto verso la soluzione di un governo tecnico se i partiti (con l'eccezione della Lega) non l'avessero sostenuta e avessero invece chiesto di tornare alle urne per dare la parola gli elettori", annota l'ex ministro, dimenticando però di descrivere il clima di tensione e di pressioni internazionali che accompagnò quella concitatissima fase.

Poi il ricordo passa ai provvedimenti draconiani adottati dal governo Monti, tutti all'insegna del rigore. "Dobbiamo tirare la cinghia per crescere", disse l'allora premier. E qui, nel rammentare l'incoraggiamento che Napolitano diede a quell'azione politica, Fornero conferma indirettamente la tesi di chi ritiene che il Colle approvò l'uscita di scena di Berlusconi per lasciare spazio a politiche ben diverse dal "modus governandi" del Cavaliere. "Quando salutai il presidente subito dopo il giuramento e prima del Consiglio dei ministri nel quale Mario Monti mi chiese di preparare tale riforma (delle pensioni, nrd) in 'due settimane, massimo venti giorni', mi disse: 'Per fare il ministro ci vogliono nervi saldi e buona salute'. In un'altra occasione, aggiunse la pazienza e, dopo una pausa: 'Io ne ho avuta tanta'...", ricorda l'ex ministro.

E ancora: "Non ricordo una sola volta in cui non mi sentii in piena sintonia con il presidente. Per esempio, non quando ci chiese, lui custode e garante della Costituzione, di procedere alla riforma del mercato del lavoro predisponendo un disegno di legge, che si rivelò poi nei fatti lungo, faticoso e necessariamente compromissorio, anziché un decreto legge com'era stato per la riforma previdenziale, date le condizioni di necessità e urgenza imposte dalla crisi finanziaria". Così, Fornero descrive un atteggiamento quasi protettivo di Napolitano nei confronti di quel governo e dei suoi protagonisti. "Ho invece il chiaro ricordo di molte occasioni nelle quali apertamente mi rincuorò, con parole di vero conforto, di fronte ad attacchi violenti nelle parole ma non per questo meno dolorosi".

È chiaro che ognuno può farsi la propria idea rispetto a quelle circostanze: alcuni diranno che Napolitano si spese per salvaguardare la tenuta dell'Italia, altri che avallò la formazione di un esecutivo che attuò politiche non legittimate dalle urne.

La visione della Fornero è appunto quella agiografica della beatificazione politica dell'ex presidente: "Rimproverare oggi quella decisione al presidente Napolitano, significa non dire la verità sul baratro nel quale il Paese stava precipitando".

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