Il commento Fuori dal Pdl Gianfranco non ha futuro

di Paolo Del Debbio

Cosa sarebbe il Pdl senza Gianfranco Fini? Un popolo senza uno dei suoi leader-fondatori.
Cosa sarebbe Gianfranco Fini fuori dal Pdl? Un leader senza popolo.
Partiamo da qui.
Mettiamo che le motivazioni vere del divorzio siano quelle ideologiche per le quali Fini si è distanziato via via da Berlusconi, e lasciamo da parte - anche se potrebbero non essere marginali - gli aspetti più psicologici della vicenda. Prendiamo il caso dell’immigrazione, comprendente le modalità e i tempi nei quali riconoscere il voto agli immigrati e in generale la dose di rigore da utilizzare verso l’immigrazione stessa.
Su questo il popolo di centrodestra, quello che vota per il Pdl e la Lega, non è d’accordo con Fini ed è lo stesso Fini che ha cambiato idea, non il popolo che lo votava e che vota per la coalizione guidata da Berlusconi. Questo è il nocciolo dei noccioli. La conta dei parlamentari non conta nulla, da questo punto di vista. Perché quelli non producono consenso. Chi lo produce e lo ha prodotto è Fini che con quel popolo aveva stabilito un rapporto di leadership. Quale è il nuovo popolo a cui aspira rivolgersi? A quale popolo pensano, se ci pensano, i vari consiglieri e intellettuali che lo circondano al momento numerosi? Diciamo al momento perché una cosa è avere come interlocutore il presidente della Camera osannato da stampa e politica in funzione antiberlusconiana, altro è avere come interlocutore un Gianfranco Fini alla testa di una formazione minoritaria o co-intestatario di una formazione politica un po’ più grande ma con altre figure incerte sia per la propria collocazione sia per il proprio futuro.
E cosa sarebbe il Pdl senza Fini?
Praticamente niente di diverso. Ma perché? Forse perché Fini non ha significato niente per il Pdl? Per la sua costituzione? Per la sua cultura politica? Per il suo popolo? Tutt’altro. La questione è un’altra: le fondazioni vanno avanti anche senza i fondatori. I francescani sono andati avanti senza San Francesco e i domenicani senza San Domenico. Tutto il patrimonio che Fini ha traghettato nel Pdl ora è patrimonio del Pdl, non più di Fini come soggetto autonomo. Certo, se andasse da solo un po’ di affezionati lo seguirebbero, ma per fare cosa? Per andare dove? Il Pdl ha superato, in piazza ma soprattutto nelle urne, la prova del nove, i popoli che prima erano di An e di Forza Italia e di altri ora sono il popolo del Pdl.
Anche perché Fini è stato fondatore ma mai il principale leader del Pdl né del centrodestra. Il Pdl ha un popolo e un programma politico attorno al quale si è stretto quel popolo guidato da Berlusconi. Da qui deve partire obbligatoriamente qualsiasi ragionamento che voglia avere qualche correlato pratico, storico e politico. Sennò si fanno i conti senza l’oste cioè si fa ciò che rappresenta il maggior limite della sinistra italiana che con il popolo ha perso da tempo il rapporto.
Sarebbe un bene se Fini se andasse? No, se si potesse ripartire nella costruzione di questo soggetto politico unico in modo forte. Cosa succederebbe, ad esempio, - lo diciamo per assurdo - con Fini stabilmente insediato al partito al posto della triade e non più presidente della Camera? Sì, se deve continuare questo stillicidio non rispettoso, anzitutto, del popolo stesso.
Difficile dire cosa succederà. E in che tempi.

Comunque vada il Pdl dovrà pensare anche a se stesso, con o senza Fini perché tutto questo periodo lo ha lacerato, più nella base che al centro con effetti negativi su tutto. Peccato che spesso il Pdl non sia all’altezza della sua P iniziale, quella del popolo che lo vota.

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