Il «giorno dopo» qualche dubbio nel governo sulla mossa di ieri della coppia Meloni-Schlein serpeggia. «È stato un mezzo errore - confida Matteo Perego, sottosegretario alla Difesa di credo forzista - perché alla fine su una richiesta importante, come il cessate il fuoco a Gaza, abbiamo dato l'impressione di andare dietro al Pd. Ma è il gioco delle coppie: la Meloni predilige la Schlein come competitor e l'asseconda; di contro si è rimesso in moto il dialogo Conte-Salvini. Salvini non ha nulla da perdere, è pronto ad arrivare ad un millimetro dal far saltare il banco. Spera che Giorgetti vada alla Commissione europea». Eh già, perché la premier verrebbe a perdere quello che i leghisti di stretta osservanza salviniana, hanno ribattezzato lo «scudo umano». Un desiderio che traspare nei ragionamenti di Stefano Candiani. «Fino al 2027 - spiega - non ci sarà una maggioranza alternativa. Semmai la Meloni deve guardarsi dall'Europa, è importante il nome del commissario che spedirà a Bruxelles. La frequentazione draghiana magari gli avrà dato dei lumi. Giorgetti? Non so, si può anche perdere il Mef».
C'è chi lo chiama «il gioco delle coppie», chi tirando in ballo la filosofia i «dialoghi eretici» e chi «roba di donne» per usare l'espressione della forzista Debora Bergamini. Di certo questa è la lettura più in voga del momento, che ritrovi anche sul versante della sinistra. L'analisi del piddino Gianni Cuperlo è lineare. «La Meloni preferisce dialogare con la Schlein - spiega - perché ha un'identità alternativa alla sua mentre Conte è trasversale. E questa operazione spinge Conte e Salvini a riaprire il loro canale. Oggi la Lega ha fatto in modo che uno dei quattro membri della commissione di controllo di Cassa depositi e prestiti fosse un grillino e non uno del Pd. Se poi arriva Trump quei due ci fanno fritti». Ragionamento simile esce dalla bocca di un altro piddino, Andrea Orlando. «Dietro i rapporti tra Salvini e Conte - dice - c'è l'ombra di Trump».
Insomma, tutto è fermo nel presente, ma tutto è in movimento per il futuro. È la natura delle fasi preelettorali. Ma c'è anche qualcosa di più dietro «i dialoghi eretici» e riguarda la dialettica interna ai due schieramenti: ieri senza quel tortuoso gioco di astensioni sul cessate il fuoco a Gaza la Meloni se la sarebbe dovuta vedere con Salvini mentre la Schlein con i filo-israeliani di casa sua e la sinistra del partito che è sempre stata cordiale con Hamas. Il premier, in particolare, aveva bisogno di lanciare un segnale sia all'America di Biden, sia a quel pezzo dei destra che è sempre stata filo-palestinese, sia ad un'opinione pubblica che agogna la tregua. E poi, in linea con la strategia meloniana, si è trattato dell'ennesima mossa per marginalizzare Conte. «Giuseppi - conferma l'azzurro Alessandro Colucci che lo ha incontrato a Montecitorio - era nero. Lui e Salvini sperano in Trump».
Già, sul gioco delle coppie pesa l'incognita «Donald». Salvini e Conte sono tornati a riannusarsi da quando l'ipotesi di «pel di carota» alla Casa Bianca non è apparsa più remota. I segnali sono stati molteplici: sulla Rai nella difesa dell'attuale amministratore Roberto Sergio; sul no al Mes; su tante nomine, ultime quelle di ieri su Cdp.
Conte ovviamente nega tutto. «Le solite malelingue del Pd», insorge. Ma è nelle cose che da qui alle europee i «dialoghi eretici» si trasformino in un coro: per tatticismo all'interno dei due schieramenti e per strategia fuori. Ad esempio, almeno per ora, Carlo Calenda, che ha il suo «dialogo eretico» con la Meloni guarda a destra. «Se dovessi schierarmi - sostiene - andrei da quella parte non certo verso questa sinistra. L'unico ostacolo insormontabile è la presenza di Salvini. La Meloni? Giorgia ogni volta che apre, come ieri sul medio-oriente, guadagna voti».
Gianfranco Rotondi, invece, sulla sponda destra, coltiva il suo «dialogo eretico» con Conte, preoccupandosi già delle prossime elezioni politiche. Ieri in un sondaggio consegnato a Forza Italia Fabrizio Masia ha dato questi dati sulla fiducia al governo: per il 13% degli italiani molta, per il 30% abbastanza, per il 21% poca, per il 36% nessuna.
«Giuseppe è mobile» suggerisce da buon dc Rotondi: «Dialogava pure con il Cav che mi chiese di trovare 20 parlamentari per sostenere l'ultimo governo Conte. E se noi non riusciamo a togliere qualche pezzo allo schieramento avversario le prossime elezioni le perdiamo. Sarebbe il colmo se gli regalassimo pure il premierato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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