Gentile Elisabetta,
hai ragione tu: il lutto, come la morte, fa parte della vita e non possiamo in alcun modo eluderlo. Prima o poi ci tocca attraversarlo, sperimentarlo sulla nostra persona, comprendendo che la cosa più difficile che ci chiede l'esistenza è imparare a lasciare andare, mentre noi ci avvinghiamo a persone, situazioni, abitudini, sicurezze di vario tipo. Ritengo che la scomparsa di un amico o di un partner, di un familiare in generale, costituisca l'evento più traumatico che possa accaderci, anzi colpirci perché esso è repentino, la morte coglie sempre all'improvviso, persino quando è preceduta da una lunga malattia. Siamo sempre impreparati allorché dobbiamo distaccarci di chi abbiamo amato e ameremo per sempre.
Personalmente non credo che la sofferenza di Fascina sia costruita ad arte. Che scopo perseguirebbe una messinscena di questo tipo? Rigetto la mentalità tesa a scorgere sempre qualcosa di marcio quando si tratta di sentimenti altrui o tendente a essere condizionata dal pregiudizio per cui se una bella donna è affettivamente legata a un uomo più grande, diciamo pure vecchio, ella debba necessariamente essere unita a lui per motivi di opportunismo e puramente materialistici. Anzi, sono convinto che Marta Fascina abbia voluto bene a Silvio in modo sincero e che ella stia soffrendo in modo sincero ora che Berlusconi non c'è più. Senza ombra di dubbio 100 milioni di euro concorrono a sollevare l'umore di chiunque e consolano non poco, tuttavia Silvio ha lasciato un vuoto in ciascuno di noi, nella Nazione intera, nel cuore del popolo italiano intero, perché mai non avrebbe dovuto creare lo stesso effetto nell'animo di Fascina che gli è stata accanto nell'ultima fase della sua vita? Un vuoto colmato con 100 milioni di euro, commenterebbe qualcuno. E allora? Tutta invidia.
Marta si è isolata per un po', probabilmente per elaborare il cordoglio. Ognuno ha le sue tempistiche in questo e non mi permetto di giudicare i ritmi altrui di metabolizzazione del tormento. Certo è che la vita ci impone di guardare avanti, di non crogiolarci nella pena, di rimetterci in pista, di svolgere le nostre attività, di proseguire, o da soli o in compagnia. È anche una questione di decoro: si soffre ma non si fa della propria sofferenza un vessillo, una bandiera da sventolare né un paravento o una giustificazione. Si piangono tutte le lacrime, ci si lava il viso e si esce di casa.
Forse avremmo redarguito Fascina anche se avesse tenuto il comportamento opposto, ossia se fosse apparsa subito, se avesse sorriso, come se sorridere dopo un lutto fosse un peccato o sintomo di assenza di struggimento, se avesse preso parte ad eventi mondani. Ecco il punto non è Fascina ma siamo noi, che abbiamo sempre bisogno di vagliare ogni minima sfumatura della altrui condotta.E se ci facessimo un pochino i cavoli nostri...?
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