Dopo le parole di Elly Schlein sullo stop alle armi a Israele, il Pd si divide sulla mozione sul conflitto in Medio Oriente. Come riportato ieri da Il Giornale, la minoranza dem ha preferito non commentare la proposta di Schlein, che mira a disarmare lo Stato ebraico. «Non potevamo dire in questo momento che bisogna dare armi a Israele», si giustifica un parlamentare della corrente riformista del Pd. Meglio non dare fuoco alle polveri, dunque. Ma la resa dei conti sembra solo rinviata. Il prossimo appuntamento delicato è fissato per fine mese, quando i democratici depositeranno una mozione alla Camera «in merito alla crisi in Medio Oriente». Il testo è già calendarizzato e dovrà essere presentato entro il 29 gennaio. Proprio la tempistica è il primo punto di attrito tra la segretaria e i settori del partito che sono più sensibili nei confronti di Israele. Il «correntone» riformista sta lavorando per rinviare la discussione e la votazione della mozione.
Troppo vicine le commemorazioni del Giorno della Memoria, che è il 27 gennaio. Una data che dovrebbe unire tutti nel ricordo del genocidio degli ebrei durante la Shoah, ma che sta spaccando il Pd. Schlein e i suoi vorrebbero arrivare in Aula due giorni dopo l’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. La minoranza, invece, è intenzionata a procedere con i piedi di piombo. Il rischio, spiegano dal campo riformista, «è che la sovrapposizione con la Giornata della Memoria possa fomentare polemiche». Non solo. C’è la guerra a Gaza che continua. E ci sono stati gli scontri di Vicenza. La polemica è dietro l’angolo. Soprattutto nel caso il Pd decidesse di mettere nero su bianco il riconoscimento dello Stato di Palestina.
E arriviamo al secondo punto che sta agitando il dibattito interno ai dem. «Stiamo ancora discutendo, ma entro questa settimana dovremmo chiudere», spiega un senatore vicino a Stefano Bonaccini. Il tema sono i contenuti del testo che sarà portato a Montecitorio dal Pd. Schlein, dopo la fuga in avanti contro Israele, non sembra intenzionata a fare troppe concessioni alla minoranza. L’obiettivo della segretaria è arrivare in Aula con la proposta del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente. Una posizione che ricalca quella del premier socialista spagnolo Pedro Sanchez. Il capo del governo di Madrid, il 24 novembre scorso, dal confine tra Egitto e Gaza, ha minacciato: «Se non lo farà l’Ue, la Spagna potrebbe riconoscere unilateralmente lo Stato palestinese».
La minoranza dem, invece, sta trattando per arrivare a una risoluzione dai toni più sfumati. Un testo che si limiti all’enunciato di principio dei «due popoli, due Stati». Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera, vicina a Schlein, in un’intervista a Domani, è evasiva davanti alla domanda sulla mozione per il riconoscimento della Palestina: «Ne discuteremo nei gruppi parlamentari». Lo scenario da evitare è quello di una spaccatura in Parlamento. Bonaccini pattina: «Schlein è schierata dalla parte di Israele, il nemico di Israele è Netanyahu».
L’unico timido distinguo arriva dall’europarlamentare Pina Picierno in un’intervista al Corriere della Sera: «L'Italia non vende armi ai Paesi in guerra. Esiste invece un flusso di denaro che illecitamente dai Paesi europei arriva alle organizzazioni terroristiche come Hamas». Dalla sinistra dem Andrea Orlando rilancia: «Serve un salto di qualità per la nascita dello Stato palestinese».
Noemi Di Segni, presidente dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane, punge Schlein senza nominarla: «Cessate il fuoco delle parole lo diciamo noi a chi continua ad accusare Israele di crimini di guerra e genocidio». Intanto la segretaria e i suoi rimangono in silenzio sull’aggressione di Vicenza.
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