Elezioni europee 2019: Salvini stravince, ma poi finisce all'opposizione

In poco più di un anno la Lega raddoppia i voti a livello nazionale (dal 17% al 34%), i 5 Stelle crollano ben sotto quota 20% ma lo strappo del Carroccio non porterà al voto anticipato, ma a un Conte 2 con dentro il Pd di Zingaretti e (ancora) di Renzi

Elezioni europee 2019: Salvini stravince, ma poi finisce all'opposizione

Le ultime elezioni europee tenute in Italia - era il 26 maggio 2019 - regalarono almeno due enormi sorprese: il successo di voti record per la Lega di Matteo Salvini e un cambio repentino di governo nazionale che mandò all'opposizione la forza che aveva nettamente e indiscutibilmente vinto quella tornata elettorale e che fece entrare nella maggioranza un Pd ancora frastornato dalla scoppola presa un anno prima alle Politiche. Il tutto sempre con a Palazzo Chigi il Movimento 5 Stelle (nel frattempo letteralmente crollato nei consensi) e sempre con Giuseppe Conte come presidente del Consiglio. Quella che andò in scena nell'estate di cinque anni fa si rivelò, nella sostanza, come una delle crisi di governo più surreali che si siano viste nel nostro Paese e certamente la più caratterizzata da un vero e proprio "ribaltone" come mai si era visto durante la Seconda Repubblica. Il Conte 2 nacque proprio come conseguenza immediata dei cambi di equilibrio tra Salvini e Luigi Di Maio, capo politico del M5s.

Il governo gialloverde dura un anno

Torniamo indietro nel tempo di circa due mesi. Le elezioni politiche nazionali del 4 marzo 2018 non regalarono la maggioranza ad alcuna delle coalizioni in campo. Ci andò più vicina il centrodestra, che ottenne il 37% e mancò il quorum in Senato per appena 40 seggi. Il boom dei 5 Stelle fu considerevole (33%) ma, a maggior ragione, da soli non potevano andare da nessuna parte. Dopo qualche giro a vuoto di consultazioni davanti a Sergio Mattarella - e una crisi istituzionale sfiorata con il Quirinale dopo la mancata nomina di Paolo Savona a ministro dell'Economia - grillini e leghisti firmano un "contratto di governo" per costituire insieme un esecutivo senza che nel centrodestra si potesse creare una frattura politica, stante l'esclusione da Palazzo Chigi di Forza Italia e Fratelli d'Italia. Conte, che fino a quel punto era stato un avvocato perlopiù sconosciuto, giura nelle mani di Mattarella come presidente del Consiglio e, il primo giugno di sei anni fa, si insedia ufficialmente la maggioranza gialloverde, con Di Maio e Salvini vicepremier.

Dopo i primi mesi di serenità, contraddistinti da diversi provvedimenti importanti come il reddito di cittadinanza e i decreti sicurezza, il governo Conte 1 entra in un periodo piuttosto complicato, con conflitti crescenti tra i due partiti. Mentre ci si avvicina velocemente all'appuntamento delle Europee, i pentastellati hanno bisogno di recuperare parte di quei voti che nel frattempo hanno perso nelle Regionali in Abruzzo, Sardegna e Basilicata e cominciano ad alzare la voce soprattutto contro gli alleati al Consiglio dei ministri. L'inizio simbolico dello scontro "a distanza" è datato marzo 2019, con il no del M5s al patrocinio del governo al Congresso delle Famiglie, e vede il proprio apice nell'inizio di maggio successivo con la revoca del sottosegretario leghista Armando Siri, che era appena finito nel registro degli indagati per corruzione. In tutto questo Di Maio (insieme a Di Battista) diede vita a un "derby" contro il Carroccio a una competizione basata su una retorica apertamente antieuropeista: importanti esponenti del M5s a gennaio incontrarono alcuni rappresentanti dei gilet gialli, esprimendo solidarietà al movimento dei rivoltosi francesi e innescando una delle più gravi crisi diplomatiche con la Francia dai tempi della Seconda guerra mondiale, quando il governo di Parigi richiamò il proprio ambasciatore.

I risultati rivoluzionarono l'intero panorama politico

Tuttavia l'esito della campagna elettorale fu molto favorevole per l'allora ministro dell'Interno, considerato dagli elettori più credibile e convincente rimetto al suo omologo grillino. Alle Europee del 26 maggio del 2019 (affluenza del 54,5%) la Lega raddoppiò infatti il proprio consenso dal 17,4% delle Politiche 2018 al sensazionale 34,3%, eleggendo 28 europarlamentari. Al contrario, il Movimento 5 Stelle passò dal 32,7% del marzo di un anno precedente al 17,1% del 2019, con 14 deputati europei eletti. Voti dimezzati e risultato addirittura peggiorato rispetto al 22% ottenuto un lustro prima da Beppe Grillo, che fece poi la gag del Maalox per sancire come già fosse andato male il voto nel 2014. In sostanza i rapporti di forza si ribaltarono e questo spinse molti dirigenti della Lega a insistere con Salvini perché aprisse una crisi di governo per andare a nuove elezioni. Quanto al centrosinistra, l'unico partito a superare la soglia dello sbarramento del 4% era stato il Partito Democratico guidato da Nicola Zingaretti, che aveva ottenuto un buon 22,7 per cento, con 19 europarlamentari eletti e un primo significativo segno di ripresa dopo il pessimo risultato delle politiche del 2018 (18,8%).

Ad auspicare uno strappo totale dei leghisti contro gli sconfitti grillini erano anche (per non dire soprattutto) gli altri partiti del centrodestra, che speravano così di potere ricomporre l'alleanza tradizionale e andare insieme al governo dopo essere passati da nuove elezioni parlamentari. Forza Italia, che pure attraversava un periodo piuttosto difficile, alle europee aveva preso l'8,8%, eleggendo 6 europarlamentari: un risultato ben inferiore al 14% preso delle politiche del 2018 e che segnalava come la permanenza all'opposizione rischiava di logorare ancor più il partito. Fratelli d’Italia aveva invece fornito segnali di discreta vitalità, incrementando il proprio consenso dal 4,3 delle Politiche del 2018 al 6,4%, riuscendo così a eleggere 5 europarlamentari dopo avere fallito il quorum nel 2014. Dopo il voto seguì una fase di sostanziale paralisi dell'attività del governo. La Lega si mostrò sempre più insofferente nei confronti di alcune posizioni del M5S in tema di giustizia e di infrastrutture.

In questo contesto il 16 luglio i 14 europarlamentari del M5s votarono in segreto a favore della nomina di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Europea, risultando decisivi a determinare la risicata maggioranza di appena 9 voti. La Lega, che invece votò contro, accusò il Movimento di tradimento e di aver siglato un accordo sotto banco col Partito Democratico. Pochi giorni dopo fu sulla riforma della giustizia che si aprì l'ennesimo aspro conflitto. Il 7 agosto, al Senato, una mozione sulla Tav – la linea ad alta velocità tra Torino e Lione – fu il pretesto utilizzato dalla Lega per aprire definitivamente la crisi di governo, benché fosse stato votato a maggioranza da tutti i partiti tranne i 5 Stelle. Crisi che si sarebbe risolta quasi un mese dopo con la nascita del secondo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da M5S e Partito Democratico. La formazione del nuovo governo fu dovuta soprattutto alla volontà da una parte di Beppe Grillo e dall'altra Matteo Renzi, acerrimo nemico dei grillini e che all'epoca militava ancora del Pd, prima di fondare un mese dopo Italia Viva.

Alle elezioni europee i Popolari la spuntano con von der Leyen

Allargando lo sguardo all'intero continente (affluenza al 50,9%), il Parlamento europeo aveva votato per far diminuire il numero degli eurodeputati da 751 a 705, nel caso in cui il Regno Unito avesse lasciato l'Unione europea il 29 marzo 2019: conseguenza inevitabile dopo il voto nel referendum sulla Brexit tenuto tre anni prima. Avendo la Ue e la Gran Bretagna concordato uno slittamento al 31 ottobre 2019 della data per l'uscita prevista dall'Articolo 50, i candidati inglesi hanno partecipato ugualmente alle elezioni insieme agli altri Stati membri: pertanto il numero dei seggi allocati fu stato lo stesso del 2014. Le variazioni nella composizione delle delegazioni nazionali ebbero avuto effetto solo a seguito dell'effettiva uscita del Regno Unito (gennaio 2020).

Lo spoglio complessivo delle schede elettorali determinò il calo sensibile sia dei Popolari (da 221 a 182 seggi) sia dei Socialisti (da 191 a 157) che comunque rimasero rispettivamente il primo e secondo gruppo europeo. I Liberali ottennero 41 parlamentari in più, raggiungendo quota 108; bene anche i Verdi con 74 (+24) e la nuova formazione di Identità e Democrazia (73 seggi) mentre flette leggermente il partito dei Conservatori e Riformisti Europei (da 70 a 62). Sinistra in calo di 11 membri: da 52 a 41. Il compianto David Sassoli diventerà nuovo presidente del Parlamento Europeo, mentre il 2 luglio 2019, dopo diverse riunioni e a seguito di un negoziato finale assai complicato e protrattosi per tre giorni, Ursula von der Leyen viene designata dal Consiglio europeo alla carica di presidente della Commissione europea.

L'Aula parlamentare diede seguito alla nomina il 16 luglio, con 383 voti favorevoli (9 in più dei 374 necessari), 327 contrari, 22 astensioni e una scheda nulla e una sessantina di franchi tiratori. Il giorno successivo si dimetterà da ministra della difesa della Germania: nella nuova commissione farà parte il dem Paolo Gentiloni, incaricato agli Affari economici.

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