A soli tre mesi e poco più dalle elezioni europee, il generale Roberto Vannacci – finito nel tritacarne mediatico prima e sotto accusa dei giudici poi – è costretto a difendersi sia a livello personale sia sul piano politico. Tra querele, due indagini ancora in corso e la clamorosa sospensione dal servizio per undici mesi, il possibile candidato leghista prova a passare al contrattacco. In una lunga intervista al Corriere della Sera, condita da diversi aneddoti privati, il generale più famoso d’Italia non fa passi indietro.
L'accusa di istigazione all'odio
A partire, ovviamente, dall’indagine che ha fatto più scalpore negli ultimi giorni. Il generale Vannacci, giova ricordarlo, è indagato per istigazione all’odio razziale. Un’accusa che, secondo i giudici, trova le sue fondamenta nelle parole scritte dal soldato nel suo libro, Il mondo al contrario, e in particolare nei riferimenti alla pallavolista italiana Paola Egonu. “La ritengo un’accusa totalmente infondata”, esordisce Vannacci cercando di smontare sul nascere le polemiche.
“Il mio libro – spiega - è un’ode alle diversità. Ma l’elogio della diversità è ben diverso dalla discriminazione. La diversità consiste nel riconoscere caratteristiche diverse in ognuno di noi: cultura, origini, etnia, religione, credo politico. La discriminazione riguarda i diritti e la dignità; e nei miei libri non vi è traccia di questa esecrabile posizione ideologica”. Poi, a stretto giro, un messaggio rivolto alla diretta interessata: “Quando scrivo che Paola Egonu non ha i tratti somatici dell’italianità – prova a difendersi Vannacci - non discrimino; esalto una differenza”.
La sospensione dal servizio
Una difesa tout court delle sue posizioni. Tanto nella difesa nella sua libertà d’espressione quanto nelle conseguenze della sospensione dal servizio per undici mesi. “Visto che la sospensione è connessa al mio libro “Il mondo al contrario”, le dico molto schiettamente che non ho alcun rimorso – asscicura Vannacci - Rivendico la mia libertà di espressione del pensiero e delle opinioni. Libertà su cui si fondano tutte le democrazie occidentali e diritto inviolabile, irrinunciabile e imprescrittibile di ogni cittadino, anche in uniforme”. Sul ministro della Difesa Guido Crosetto, invece, un secco no comment: “Non ho rapporti con lui. È il mio ministro, e come tale lo rispetto”.
Le stoccate alla sinistra
Dichiarazioni pacate che diventano molto più aspre quando a criticare è la sinistra politica e mediatica. Il generale è un fiume in piena contro gli esponenti della gauche nostrana che, in un modo o nell’altro, lo hanno tirato in ballo per scagliare le sue parole direttamente contro l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Prima il messaggio all’ex segretario Pd, Pier Luigi Bersani, che solo pochi giorni fa lo ha attaccato senza tanti giri di parole: “Ho aspettato il limite giuridico dei 90 giorni prima di sporgere denuncia – spiega Vannacci - ma in tutto quel tempo dall’onorevole Bersani non una parola di ripensamento sulle offese che mi ha rivolto. Non mi aspettavo delle scuse o che si cospargesse il capo di cenere: sarebbe bastata una semplice telefonata tra uomini”. Poi la stoccata all’attuale leader dem Elly Schlein: “Non posso giudicare neppure lei; anche perché fatico a capire quel che dice”.
La candidatura
Una fatica che si trasforma in stima se invece si parla della leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni: “Come persona, la trovo carismatica. E capace: altrimenti non sarebbe passata dal 4% al 28”. Il tutto, con uno sguardo rivolto al voto europeo del prossimo giugno e alla possibile candidatura a braccetto con la Lega di Matteo Salvini: "Mi piacciono le sfide. Ma devo capire se posso essere utile, e non una bandiera da sventolare. Non ho ancora deciso”.
Il nuovo libro
Di certo, invece, ci sono le prime bozze del prossimo libro firmato dal generale: un‘autobiografia intitolata “Il coraggio vince”. Il coraggio, spiega Vannacci,"non è il contrario della paura. È la forza di far buon uso della paura”. Che poi rivela alcuni dei suoi eroi che lo hanno guidato nel suo lavoro: “I miei eroi sono Luigi Durand de la Penne ed Emilio Bianchi, che prima di penetrare nel porto di Alessandria per affondare le corazzate inglesi si dicono: “Hai paura Bianchi?”; “sì comandante”. “Anch’io. Bene, andiamo”.
Senza dimenticare il nonno materno Agostino Orlando: “Si arruolò nel 1914, fece tutta la prima guerra mondiale, poi la Spagna. Adorava D’Annunzio, era stato con lui nell’impresa di Fiume, mi recitava le Odi a memoria. Un uomo di cappa e spada”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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