L’unica cosa certa è che il movimento grillino non esiste più. Si chiama ancora Cinque Stelle, ma se non ha rimosso del tutto il suo passato lo ha scolorito, parlandone perfino con un certo imbarazzo, senza orgoglio, qualcosa di scomodo e lontano su cui non vale neppure la pena costruire una nostalgia. Gianroberto Casaleggio è morto e non ha lasciato discepoli, nessuno in grado di immaginare un futuro o di guardare oltre il consenso quotidiano. Si poteva non essere d’accordo con le sue visioni più o meno apocalittiche, sul suo desiderio di democrazia diretta, sulle sue derive giustizialiste, ma quel movimento di rottura non si basava solo sull’evanescente arte contiana di tirare a campare. Grillo era l’uomo da spettacolo, quello sul fronte del palco, e metteva in scena le filosofie autodidatte di Gianroberto. Nessuno saprà mai cosa sarebbero stati i Cinque Stelli con Casaleggio ancora in vita. Il sospetto, indimostrabile, è che avrebbe considerato l’avvocato del popolo un vuoto a perdere, un uomo innamorato del potere, che per restare a galla ha finito per scarnificare il movimento. Il risultato è il nulla con un capo sopra. Non è detto che di questi tempi non sia poi una strategia così assurda. L’importante è mostrare con i numeri la propria influenza.
Il problema è vedere da dove vengono i numeri. Quelli classici delle elezioni, momento chiave e di confronto della democrazia dei moderni, sono per tutti sempre più miseri. L’idea di andare a votare sta diventando sempre più bislacca. Questi numeri condannano Giuseppe Conte a una certa marginalità. C’è però sempre l’inganno di quella democrazia diretta sognata da Casaleggio, che nella realtà è una democrazia virtuale. È quella del "mi piace" o "non mi piace", binaria e viscerale. Conte ora la evoca per mettere in piedi una costituente dei Cinque Stelle. Il punto centrale non sarà cosa vogliamo fare, ma chi volete come leader del movimento. È la sfida al fondatore che nell’idee di Conte dovrebbe appunto archiviare una volta per sempre il fastidioso passato. È una costituente costruita a tavolino dove si farà finta di affidare ai post grillini una risposta alla domanda pilatesca di Conte. È una richiesta di legittimità per portare il movimento da qualche parte. Ma dove?
Conte ancora non se la sente di arrendersi a un destino da cespuglio del Pd. È per questo che anche dopo la sconfitta genovese non risponde a chi gli parla di campo largo e nuove alleanze elettorali. Elly Schlein vorrebbe fare un ragionamento di buon senso: con questi numeri ti conviene restare attaccato al Pd. Conte però è troppo ambizioso per augurarsi un destino da post radicali modello +Europa. Allo stesso tempo non ha neppure la vocazione a scavalcare il “partitone” a sinistra. La domanda è dove trovare allora pezzi dell’elettorato perduto. Non può scommettere su una "rifondazione grillina", non dopo tutto questo lavoro di anestesia e rimozione. La tentazione è tornare a esplorare i grillini inconsapevoli senza casa e senza terra. Sono quelli che non si fidano di Giorgia Meloni e sono stanchi di Matteo Salvini, sospettosi di tutti, Cinque Stelle vagamente di destra e disinnamorati dopo la prima ora, perennemente incavolati e tifosi di Trump ma costretti a vivere dalla parte sbagliata dell’Oceano.
La scommessa è riuscire a convincerli dopo il 5 novembre, dopo le elezioni americane, che Conte sia il funzionario italiano di Donald. Servono effetti speciali molto costosi, ma c’è tanta gente disposta a credere a tutto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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