Ingroia spacca la magistratura, contro di lui pure le toghe rosse

Magistratura democratica bacchetta gli eccessi del pm. I colleghi lo accusano: "Culto della personalità". Carriera a rischio

Ingroia spacca la magistratura, contro di lui pure le toghe rosse

Se Silvio Berlusconi ha avuto il dono di compattare la magistratura (contro di lui), Antonio Ingroia ha quello di spaccarla. Chi avrebbe detto che il «super Pm» palermitano potesse essere accusato di «culto della personalità» dai colleghi? A cominciare dalle toghe rosse della sua corrente, Magistratura democratica, proseguendo con i fratelli del Movimento per la giustizia (che fanno parte del cartello di sinistra Area), fino ai centristi della maggioritaria Unità per la costituzione e ai moderati di Magistratura indipendente.

E, dopo i richiami del Csm, la carriera del coordinatore dell'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia è sempre più a rischio.
«Esasperata sovraesposizione mediatica», impostazione «personalistica e autoritaria» delle indagini, costruzione di «verità preconfezionate», eccessiva ricerca del «consenso» nelle piazze. Gli attacchi al Pm sono pesanti, ma rintuzzati con veemenza dai suoi fans. Tanto che si parla ormai di «referendum pro e contro Ingroia».

Mentre i vertici di Md, Movimento e Unicost approvano documenti contro i suoi comportamenti, l'aggiunto di Palermo viene difeso da un gruppo di giudici e Pm che vedono in lui l'icona della resistenza a pressioni politiche esterne e controlli interni, in nome della ricerca della «verità» sulle stragi mafiose. Così Ingroia, che continua a rinviare la partenza per il Guatemala su mandato dell'Onu per frequentare dibattiti in tutt'Italia e talk show su tutte le reti tv, riesce nell'impresa di dividere trasversalmente le correnti, appiattirne le differenze ideologiche, suscitare critiche ai vertici dell'Anm e domande sul come sta cambiando la stessa magistratura. Forse, c'è aria di «rottamazione» anche da queste parti se un mostro sacro delle toghe rosse come Gian Carlo Caselli viene apostrofato così, quando difende Ingroia dentro Md: «Sei fatto all'antica, appartieni al passato».

Dalla corrente in cui è cresciuto, lo stesso Pm riconosce di aver ricevuto una «bastonatura» senza pari e dicono che mediti di lasciarla. Prima il documento dell'esecutivo del 19 settembre, che ha provocato quello opposto della sezione palermitana. Poi, la tesi accusatoria prevalsa sabato scorso al Consiglio nazionale. Analoghi documenti critici sono venuti dal Movimento e da Unicost, mentre ieri il leader di Mi Cosimo Ferri lanciava l'allarme: «L'azione dell'Anm è ferma, le lotte e le contraddizioni che stanno emergendo dentro Md e la stessa Anm, stanno immobilizzando l'azione associativa. L'Anm deve tornare a parlare di progetti per la giustizia, sganciandosi da lotte di potere. Da mesi si è fermi sul referendum interno ed esterno alla magistratura pro o contro Ingroia, quando i problemi della giustizia aumentano e nessuno li risolve».

Anche Mi è divisa su Ingroia. Basti pensare all'intervista al Fatto in cui il togato al Csm Antonio Racanelli difendeva ad agosto i Pm di Palermo dal rischio «isolamento». E, all'opposto, alla tesi di uno storico esponente di Mi come Mario Ardigò, che parla di uso strumentale e politico dell' «epica dell'antimafia», difende Giorgio Napolitano (per la questione intercettazioni arrivata alla Consulta) dal «tremendo sospetto di collusione mafiosa» e avverte che le polemiche possono «condizionare indebitamente il processo».

Tra le toghe, c'è chi propone di

togliere dagli uffici le foto di Falcone e Borsellino, anche loro affossati dalle correnti, chi ricorda gli attacchi ai Pm di Mani pulite e chi, invece, parla di «processo inutile» e dannoso, come Elisabetta Cesqui di Md.

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